Benessereblog Alimentazione Il pane nero al carbone vegetale fa bene o male? Parola all’esperto

Il pane nero al carbone vegetale fa bene o male? Parola all’esperto

Sono sempre più diffusi, ma i loro benefici sono reali? Ecco cosa si sa sui prodotti da forno contenenti carbone attivo

Il pane nero al carbone vegetale fa bene o male? Parola all’esperto

Niente gonfiori, niente meteorismo e, magari, una pancia piatta da fare invidia: sono questi alcuni dei supposti benefici del consumo del pane e di altri prodotti da forno dal caratteristico colore nero, dovuto all’aggiunta nell’impasto di carbone attivo vegetale. Nell’ultimo paio di anni la diffusione di questi prodotti si è estesa a macchia d’olio, e a promuoverla sono stati proprio i supposti vantaggi associati al loro consumo. Allo stesso tempo, però, qualcuno ha iniziato a nutrire dubbi sui suoi benefici e anche sulla sua sicurezza. Fa bene o fa male?

Negli Stati Uniti l’uso del carbone attivo a scopo alimentare sarebbe addirittura vietato a causa della pericolosità di alcune sostanze che possono essere presenti al suo interno, ad esempio benzopirene o idrocarburi policiclici. Secondo l’EFSA (l’autorità europea per la sicurezza alimentare) assumerlo in minime dosi non sarebbe pericoloso; per questo in Europa ne è consentito l’uso come additivo dietro la sigla E153.

Resta quindi comunque il dubbio della sua sicurezza (e della sua utilità) quando utilizzato come ingrediente. Noi di Blogo abbiamo cercato di risolverlo ascoltando il parere di un esperto, il medico chirurgo Giovanni Merone, specialista in Scienze dell’Alimentazione a Roma. Ed è così che abbiamo scoperto che piuttosto che benefici reali, i vantaggi dell’assunzione di carbone attivo sotto forma di pizze e pagnotte sarebbero veri e propri miraggi.

Carbone attivo: cos’è?

Come ci ha spiegato il nostro esperto, il carbone attivo è prodotto dalla combustione di particolari legni. Il prodotto finale che si ottiene è quindi un vero e proprio carbone e, spiega Merone,

il fatto che ci sia combustione può lasciare un dubbio sulla possibile tossicità. Non ci sono però studi a lungo termine sul tema.

Il carbone attivo è un adsorbente, ha la capacità di adsorbire sulla sua superficie sia molecole gassose sia altre piccole molecole; per questo viene usato ad esempio dopo una lavanda gastrica

ci ha spiegato Merone.

Un uso più commerciale è quello contro il gonfiore, proprio perché dovrebbe assorbire gas. Viene consigliato lontano dai farmaci: proprio perché è un adsorbente potrebbe interferire con l’assorbimento di alcuni principi attivi. E nel caso delle coliche di cui spesso soffrono i bambini si preferisce utilizzare il dimeticone.

E nemmeno per quanto riguarda questi suoi usi in medicina sono stati mai condotti studi a lungo termine.

Si è diffuso nei preparati da banco, ma dal punto di vista medico non ci sono grandi indicazioni. Gli studi che sono stati fatti non sono stati concludenti, non si è visto che fa diminuire i gas. In più ci possono essere dei problemi fisiopatologici.

L’esperto ci ha portato l’esempio di chi soffre di colon irritabile. In questo caso è stato dimostrato che il problema non è una maggiore produzione di gas intestinali, ma una maggiore percezione del gonfiore e una maggiore difficoltà ad eliminarlo in modo regolare.

Chi ha problemi di gonfiore

ci ha spiegato Merone

deve curare la flora batterica e la motilità intestinale. Può trarre beneficio da tecniche di rilassamento. Ma la cura non sono gli adsorbenti.

Tutti soldi sprecati?

Investire nell’acquisto di pane e prodotti da forno arricchiti di carbone attivo potrebbe quindi essere nient’altro che uno spreco di risorse a volte addirittura pericoloso. L’esperto ci ha infatti spiegato che oltre al problema dell’interferenza con l’azione di alcuni farmaci ci sono anche quello della stitichezza – possibile effetto collaterale dell’assunzione di carbone attivo – e del dosaggio: quanto carbone attivo si assume con questo tipo di prodotti?

Infine, Merone ci ha ricordato che il carbone attivo deve essere utilizzato solo per brevi periodi. Sembra proprio, insomma, che non sia il caso di comprarne una pagnotta ogni volta che si entra dal fornaio.

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