Alimentazione e ragazzi: le cattive abitudini iniziano a 17 anni
A questa età si iniziano a saltare i pasti. E anche se si va in palestra e si contano le calorie il peso è un problema. Ecco cosa ne pensano gli esperti di nutrizione
Fino ai 17 anni i ragazzi italiani sono un modello di regolarità nell’alimentazione: la maggior parte non salta mai né la colazione né un altro degli altri pasti. Una volta spenta la diciassettesima candelina, però, sono diverse le cattive abitudini che prendono il sopravvento. A svelarlo è la VI edizione dell’Osservatorio Nestlé-Fondazione ADI, presentata in occasione del XXI congresso nazionale dell’Associazione di Dietetica e Nutrizione clinica. Le oltre 50 mila interviste condotte durante le indagini hanno infatti svelato che a questa età si inizia a saltare i pasti e si perde l’abitudine dello spuntino.
Il problema, ha spiegato Giuseppe Fatati, presidente della Fondazione ADI e coordinatore scientifico dello studio, è associato ai primi pasti fuori casa. Il 36% del campione mangia lontano dalla propria abitazione 1 o 2 volte alla settimana, e ciò porta a cambiamenti nelle dinamiche della propria dieta che possono purtroppo far perdere le sane abitudini seguite fino a poco tempo prima.
Mangiare fuori casa comporta uno sforzo in più per riuscire a trovare tempo e luogo per assumere un pasto equilibrato
ha spiegato Fatati.
Si inizia quindi ad alterare il regime alimentare della giornata senza neppure compensare con una maggiore convivialità. Soprattutto vengono modificati i bioritmi temporali che coinvolgono funzioni essenziali come quella del sonno. Si mangia tardi, si rincasa tardi, si dorme di meno. Spesso al pasto fuori casa corrisponde una riduzione della qualità e della quantità del sonno che è una delle cause eziopatogenetiche del sovrappeso.
Nemmeno l’attività fisica sembra essere sufficiente ad evitare di ingrassare.
La palestra, per quanto utile, non può sostituirsi ai valori tipici dello stile di vita attivo che ha un impatto positivo non solo sul fisico ma sulla crescita psico-sociale dell’individuo
ha sottolineato l’esperto.
Alcune volte, indica soltanto la focalizzazione soggettiva e parziale all’aspetto esteriore del fisico mentre è importante educare i giovani ad un concetto di buona salute e benessere più complesso che implica sia il cibo, sia lo stile di vita, sia il tempo libero.
Succede così che anche se dopo i 17 anni i giovani iniziano a fare attenzione a calorie e porzioni, il 39% va anche in palestra e solo nel 41% dei casi non controllano mai quanti pesano, ben il 32% di loro si dichiara poco o per niente soddisfatto del suo peso. E’ addirittura del 30% la quota di ragazze che a questa età ritiene di essere in sovrappeso.
Secondo Fatati
è chiaro che la percezione di sé e la volontà di intervenire positivamente non sono guidate da modelli chiari e proattivi.
Dato che per più del 60% dei ragazzi fino ai 18 anni genitori e famiglia rappresentano il punto di riferimento principale per l’educazione alimentare gli esperti li invitano a
mantenere salda la presa e il proprio ruolo, attraverso l’esempio e la costanza, per sostenere i giovani quando vengono naturalmente investiti dai cambiamenti della crescita, da nuovi ritmi e nuovi contesti.
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