Ragazzi e alimentazione, la tecnologia a tavola minaccia la condivisione
I genitori dovrebbero dare l'esempio, ma anche loro in molti casi lasciano che la televisione si intrometta tra una portata e l'altra
Per i ragazzi italiani il pasto non è un momento di condivisione. A svelarlo è la VI edizione dell’Osservatorio Nestlé-Fondazione ADI, presentata proprio oggi durante il XXI congresso nazionale dell’Associazione di Dietetica e Nutrizione clinica. Dall’analisi dei dati raccolti nel corso di 50 mila interviste è emerso che se per il 59% dei partecipanti – figli e genitori – il momento in cui ci si riunisce per mangiare è sinonimo di condivisione e convivialità, per il 33% dei ragazzi stare a tavola è puramente una necessità fisica.
Eppure i figli sono parsi più bravi dei genitori in quanto ad abitudini alimentari. Ben l’84% dei ragazzi, infatti, non salta mai i pasti. Se si considerano, poi, solo gli under 14 questa percentuale sale all’89%. E fino ai 18 anni nell’85% dei casi non si salta mai la colazione.
Le difficoltà iniziano quando si tratta di passare dal concetto di pasto come mero nutrimento e appagamento dello stomaco all’idea della tavola come momento di condivisione e convivialità
spiega Giuseppe Fatati, presidente della Fondazione ADI e coordinatore scientifico dello studio.
La colpa ricade almeno in parte sull’intromissione della tecnologia. Infatti solo 2 ragazzi su 3 parlano con i loro commensali, mentre ben 1 su 5, soprattutto ragazze, quando è a tavola usa il cellulare. Per di più nel 73% dei casi si guarda la tv.
Telefonini, pc e televisione giocano un ruolo troppo influente per i più giovani durante i pasti
commenta Fatati, aggiungendo:
non si tratta solo di buona educazione ma di un’abitudine a stare altrove e a non percepire il gusto, il piacere e la varietà del cibo, con le conseguenze correlate.
La stessa ADI, la scorsa estate, aveva riportato l’attenzione sull’importanza di dedicare il giusto tempo all’alimentazione, ricordando che in questo senso la Dieta Mediterranea radicata nelle nostre tradizioni agronomiche è anche una “dieta del tempo”.
E’ ormai chiaro
sottolinea il presidente della Fondazione
che la risposta cerebrale agli stimoli alimentari può essere diversa da individuo a individuo, influenzare i comportamenti alimentari e dagli stessi essere influenzata. Tale risposta può risentire anche degli impulsi ambientali e della capacità soggettiva di mediarli. L’uso distratto di innumerevoli frammenti di informazioni può farci perdere la capacità di concentrazione e ragionamento anche riguardo ad una funzione fondamentale come l’alimentazione.
Da questo punto di vista i genitori dovrebbero rendersi conto di quanto il loro esempio può specchiarsi nel comportamento delle nuove generazioni e, sottolinea l’esperto,
avviare un circolo virtuoso che non può partire solo dalle istituzioni.
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