Termine minimo di conservazione, Coldiretti: “Eliminarlo taglia la qualità del cibo”
La proposta arriva dal Nor Europa per limitare gli sprechi alimentari, ma secondo la Confederazione questa giustificazione sarebbe solo una scusa
Niente più obbligo di indicare il termine minimo di conservazione per prodotti come pasta, riso e caffè: è questa la proposta che le delegazioni di Olanda e Svezia porterà in Consiglio agricoltura con il sostegno di Austria, Germania, Danimarca e Lussemburgo, ma con l’opposizione decisa di Coldiretti, secondo cui una decisione di questo tipo avrebbe conseguenze negative in termini di qualità del cibo in commercio nell’Unione Europea. La Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti ricorda infatti che il tempo fa perdere al cibo le sue caratteristiche nutrizionali. Eliminare l’indicazione “da consumarsi preferibilmente entro” corrisponderebbe quindi alla presenza in commercio di prodotti più scarsi dal punto di vista del contenuto di vitamine, antiossidanti e polifenoli alleati della salute e con fragranza e sapore di qualità inferiore rispetto a quanto non avvenga oggi.
Secondo Coldiretti non rispettare i tempi di scadenza avrebbe conseguenze diverse a seconda del prodotto preso in considerazione. Nel caso dello yogurt, ad esempio, i termini di scadenza sono nell’ordine del mese, ma anche 10-20 giorni dopo la data indicata l’alimento non dovrebbe risultare alterato. Nel caso dei pomodori pelati, invece, anche se la scadenza può arrivare a 2 anni dalla produzione le proprietà organolettiche del prodotto sono in genere migliori se viene consumato prima.
Anche il termine minimo di conservazione sarebbe quindi un’importante indicazione a tutela dei consumatori. Non solo, secondo la Confederazione la giustificazione secondo cui la proposta olandese e svedese sarebbe mirata al taglio degli sprechi alimentari non sarebbe altro che una falsa motivazione.
Si tratta del solito tentativo dei Paesi del Nord Europa di livellare il cibo sulle tavole europee ad uno standard di qualità inferiore al nostro
sottolinea la Coldiretti.
Se, infatti, lo spreco di cibo ha raggiunto dimensioni da record toccando punte pari a 89 milioni di tonnellate di alimenti letteralmente gettati al vento, secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’ la crisi avrebbe già porta a un’inversione di tendenza. Nel 2013 quasi 3 italiani su 4 avrebbero ridotto gli sprechi a tavola e di questi l’80% farebbe scelte più oculate in termini di acquisti, scegliendo prodotti più freschi e che durano di più. Il 37% sarebbe anche più attento alle date di scadenza, il 26% avrebbe ridotto il volume degli acquisti e il 56% riutilizzerebbe gli avanzi.
Analizzando dati Gfk Eurisko Colidretti ha rilevato anche che proprio in conseguenza della crisi economica solo il 36% rispetterebbe la data di scadenza. La scelta è piuttosto quella di valutare di persona se una volta trascorsa quest’ultima il prodotto debba essere davvero buttato oppure no. La tendenza al risparmio sarebbe svelata anche da dati Istat secondo cui in Italia le uniche vendite in aumento nel settore del commercio al dettaglio sarebbero quelle nei discount alimentari, che avrebbero registro il +2,9%. Gli italiani, insomma, starebbero già rischiando di rinunciare alla qualità del cibo e secondo Coldiretti
la tentazione di mangiare cibi scaduti per non sprecare non deve andare a scapito della qualità dell’alimentazione in una situazione in cui molti cittadini sono costretti a risparmiare sulla spesa privandosi di alimenti essenziali per la salute o rivolgendosi a prodotti a basso prezzo che non sempre offrono le stesse garanzie qualitative.
Via | Coldiretti