Medicina e psicologia, il dolore cronico porta a depressione
Lo svela il progetto "parole del dolore", che dopo aver raccolto le prime testimonianze dei pazienti vuole trasformarsi in un'ulteriore opportunità di ricerca
Il dolore cronico porta a depressione e riduce speranza e dignità. A svelarlo è il progetto “Parole del dolore”, un’iniziativa dell’associazione Vivere senza dolore Onlus mirato a dar voce alle persone che ogni giorno convivono con la sofferenza cronica e che a causa dell’impossibilità di esternare in modo adeguato la propria condizione si sentono spesso sole e incomprese.
L’iniziativa ha mosso i suoi primi passi nel marzo dello scorso marzo e ha permesso di raccogliere la testimonianza di 141 pazienti e cittadini sotto forma di pensieri scritti. Le frasi sono state reinterpretate in chiave poetica per dare vita a un’installazione digitale interattiva presentata in anteprima a Milano lo scorso 25 marzo.
L’installazione interattiva Parole del dolore è un modo per riconoscere lo sforzo di chi ha provato a descrivere, a parole, l’esperienza del dolore e ha come obiettivo la valorizzazione del risultato di questo processo
ha spiegato l’ideatore dell’opera, l’interaction designer Alfredo Calosci.
Si tratta di frasi autentiche, sincere, non aforismi da incorniciare. Per questa ragione non appaiono da sole, ma “incastonate” in una matrice di lettere. Si è scelto di mantenerle unite perché è insieme che liberano il loro pieno significato.
Il Centro Neuropsicologico di Vigevano ha inoltre utilizzato queste frasi per eseguire uno studio qualitativo che ha svelato che nel 44% dei casi il dolore cronico è associato a depressione e che nel 34% dei casi ha significative ripercussioni sui rapporti interpersonali. Nel 32% dei casi a risentirne è anche la qualità della vita, mentre il 22% dei malati si sente impossibilitato a vivere e l’11% sente di aver perso speranza e dignità.
Questi dati dimostrato l’esistenza di forti corrispondenze tra ciò che viene percepito e raccontato dai pazienti e le conoscenze attuali sull’incidenza dei fattori psicologici sul dolore cronico e confermano l’importanza dell’ascolto del punto di vista di chi soffre sia per comprendere appieno il dolore dal punto di vista clinico, sia per la ricerca nel settore. Anche “Parole del dolore” si trasformerà in un vero e proprio progetto di ricerca interdisciplinare mirato allo sviluppo di un linguaggio di comunicazione e di una cultura del dolore condivisi che permettano di migliorare l’interazione tra chi convive con il dolore cronico e i medici o chiunque altro si trovi a doverlo aiutare.
Cercare di comprendere il diverso approccio e la diversa lettura degli effetti del dolore cronico sulla vita dei malati da parte dei clinici è mandatorio, per superare quel pesante gap che molte volte crea barriere di incomprensione e insoddisfazione tra medico e assistito
ha spiegato Marta Gentili, presidente dell’associazione Vivere senza dolore.
Che la sofferenza psicologica sia una componente presente nei pazienti colpiti da dolore cronico è ampiamente dimostrato: questo progetto, però, ci ha fatto toccare con mano quanto possa essere devastante per la persona un dolore non trattato adeguatamente
ha commentato Massimo Allegri, dirigente medico del servizio di Terapia Antalgica della Fondazione IRCCS Policlinico S. Matteo di Pavia.
Le frasi lasciate come testimonianza fanno affiorare un mondo di angoscia e sofferenza che, spesso, noi clinici non riusciamo ad interpretare compiutamente.
E’ fondamentale che il mondo dei pazienti e quello dei clinici s’incontrino, per affrontare a 360° le varie componenti del problema e trovare così delle risposte ai tanti interrogativi che, ogni giorno, milioni di malati di dolore cronico ci pongono.
Via | Comunicato stampa