Aborto, il Comitato Europeo per i diritti sociali contro l’Italia: “Il paese è contro le donne”
Dopo il reclamo presentato dall'associazione International Planned Parenthood Federation European Network al Consiglio d'Europa, l'esecutivo si è pronunciato contro l'Italia, accusandola di non rispettare i diritti civili in merito all'interruzione di gravidanza.
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Il Consiglio D’Europa lo ha sancito: in materia di aborto e interruzioni di gravidanza, l’Italia è indietro rispetto agli altri Paesi e soprattutto viola i diritti civili delle donne. La sonora bocciatura per il nostro Paese è arrivata proprio in giornate in cui il dibattito sull’aborto ha ripreso vigore, dopo la decisione della regione Toscana di distribuire la pillola abortiva RU 486 anche nei consultori.
Nella relazione del Comitato Europeo per i diritti sociali si è testimoniato come l’obiezione di coscienza, che in Italia raggiunge il 70% di media con punte di 90% nei singoli ospedali in esame, metta a repentaglio la vita della donna e soprattutto violi il diritto alla salute e all’accesso di cure terapeutiche previsto e garantito dalla Costituzione italiana. Lo Stato Italiano, si legge nel documento della IPPFEN, International Planned Parenthood Federation European Network
è così obbligato a garantire alle donne l’accesso libero all’ interruzione di gravidanza.
Vicky Claeys, il Direttore regionale dell’IPPFEN, si è detta estremamente soddisfatta di questa opinione espressa dal Consiglio D’Europa:
La richiesta di abortire per una donna non deve essere trattata come una lotteria che dipenda dalla fortuna della paziente, dalla salute o da dove viva.
Il Consiglio D’Europa, quindi, si è espresso in merito: l’Italia deve poter garantire alle proprie donne il diritto di interrompere una gravidanza liberamente, senza dover incappare continuamente in medici e personale obiettore che impedisce l’esercizio di un diritto legittimato dal sistema giudiziario del nostro Paese.
Attualmente in Italia abortire è una vera sfida, si legge nella relazione dell’IPPFEN:
I tempi di attesa sono lunghissimi e a volte il personale obiettore di coscienza si rifiuta di provvedere alle cure necessarie prima e dopo l’aborto. Inoltre, in alcune zone, c’è uno squilibrio tra la necessità di portare a termine la gravidanza e il numero di non obiettori disponibili e competenti: questo significa che, anche se la legge italiana dovrebbe garantire l’accesso alle cure riproduttive per tutti, le donne non hanno garanzia di poter abortire liberamente in tutte le parti d’Italia. Ci sono moltissime difficoltà, soprattutto nel sud Italia e in Lombardia.
Via | IPPFEN