Hiv, un virus da sconfiggere con l’informazione
La mancanza di conoscenza porta a sempre nuovi casi di contagio, soprattutto fra i giovani. Ecco le regole della prevenzione
Dal 1982, anno ufficiale di inizio dell’epidemia di Hiv, ad oggi i casi di AIDS registrati in Italia sono stati circa 64 mila. Fra questi, quasi 40 mila sono stati fatali. E anche se l’avvento delle nuove terapie ha ridotto significativamente il numero di decessi per anno, l’informazione e la conoscenza della malattia non hanno ancora eliminato il problema dei nuovi contagi.
In Italia nel solo 2011 sono stati diagnosticate 5,8 nuove infezioni ogni 110 mila residenti. Nel 75% dei casi si è trattato di uomini. L’età media degli uomini vittime dell’infezione era di 38 anni per gli uomini e di 34 anni per le donne. Una popolazione giovane, quindi.
Attualmente ci sono un tasso di ignoranza e una confusione totale e l’informazione si è ridotta molto
spiega a Benessereblog Giovanni Merone, medico chirurgo consulente tossicologico presso Villa Maraini Onlus (Roma).
Negli anni ’80 sono state fatte campagne su grossa scala promosse dal Ministero della Salute. All’aumento dell’informazione è corrisposta una diminuzione del numero dei casi. Poi è finito tutto nel dimenticatoio, non sono state più fatte grosse campagne di prevenzione primaria. I dati raccolti dimostrano un’associazione tra la diminuzione dell’informazione e un’impennata dell’incidenza, soprattutto fra i giovani.
Ma quali sono le cose da sapere sull’Hiv e che permettono di ridurre il rischio di entrare in contatto con il virus?
Prevenire con l’informazione
La modalità di contagio è per via parenterale, cioè tramite scambio di fluidi biologici
spiega il dottor Merone.
Perciò la trasmissione del virus avviene per contatto tra sangue e sangue, tramite sangue fresco che entri in contatto con una ferita aperta o attraverso rapporti sessuali (via parenterale inapparente), durante i quali si ha lo sfregamento fra mucose.
Il primo passo nella prevenzione è modificare quei comportamenti che espongono a questo possibile scambio di fluidi biologici. Proprio in questo consiste la prevenzione primaria, mirata a modificare i comportamenti degli individui e a fare informazione sul tema.
L’esperto spiega che evitare comportamenti a rischio significa:
- fare solo sesso protetto, vale a dire usare il preservativo, anche in caso di rapporti orali;
- non fare uso di sostanze stupefacenti, soprattutto in vena ma non solo: questa raccomandazione vale anche per l’alcol e tutte le sostanze che diminuendo la soglia di attenzione aumentano la probabilità di comportamenti a rischio.
Il comportamento ideale
sottolinea Merone
è avere rapporti con un partner fisso e monogamo. “Conoscere bene una persona” non è però sufficiente. Prima di iniziare a fare sesso non protetto con qualcuno è meglio che entrambi facciano prima un test.
I test per scovare il virus
I test fanno, invece, parte del programma di prevenzione secondaria, una serie di strategie mirate a limitare la diffusione del virus nella comunità.
Il test dell’Hiv comunemente è il test di screening, che può essere effettuato con un prelievo di sangue o, in alternativa, con uno di due test rapidi: sulla saliva o sul sangue. Il primo richiede qualche giorno di attesa per avere i risultati, mentre i test rapidi forniscono una risposta in 15 minuti.
In tutti e tre i casi si va ad analizzare se il soggetto è stato esposto al virus e può avere contratto un’infezione da Hiv
spiega Merone
C’è, però, un “periodo finestra” durante il quale non sono validi. In passato questa finestra in cui il virus non può essere identificato era di 6 mesi dopo l’esposizione, ma con i test più moderni, come i due test rapidi, si è ridotto a 3 mesi.
Quello che viene cercato sono gli antigeni virali e gli anticorpi diretti contro essi.
Hanno un altissimo valore predittivo negativo, cioè se i risultati sono negativi la probabilità che non ci sia stata esposizione al virus è superiore al 95%. Se, invece, il risultato è positivo è necessario effettuare un test di conferma, da eseguire necessariamente in laboratorio, tramite il quale viene ricercata la presenza delle particelle virali.
I fattori di rischio
Nel corso degli anni si è fatto un gran parlare di quali fossero le categorie nella popolazione più a rischio di contagio. Un tempo considerato un problema della comunità omosessuale, tempo e conoscenze hanno chiarito che l’orientamento sessuale non è una discriminante per il virus, che colpisce uomini e donne indipendentemente da se siano omo- o eterosessuali.
Non solo, al momento sembra che il virus non faccia distinzioni nemmeno fra uomini e donne, che sono esposti alla stessa probabilità di contagio. Come ha spiegato Merone
i risultati delle ricerche mirate ad identificare delle differenze hanno portato a dati inconcludenti.
Sono, invece, più a rischio le persone che vivono in una condizione di disagio psicosociale, più esposte alla probabilità di comportamenti poco sicuri.
Infine, la probabilità di contagio aumenta con l’aumentare e l’intensificarsi dei comportamenti a rischio.
Un’infezione senza sintomi
Purtroppo non c’è la possibilità di accorgersi precocemente della presenza del virus in base a malesseri precisi.
L’infezione è asintomatica nei primi anni e non esistono sintomi di contagio
spiega il medico, precisando che
è descritta una sindrome retrovirale acuta 3 settimane dopo il contagio, caratterizzata da sintomi simili a quelli di un’influenza associati a linfonodi ingrossati, ma si presenta solo in meno del 50% dei casi.
L’Aids rappresenta, invece, la fase conclamata della malattia, che si può manifestare molto tempo dopo l’infezione.
La diagnosi
L’unico modo per sapere se si è entrati in contatto con il virus è, quindi, effettuare il test.
In altre parole, Il primo passo verso la diagnosi può essere mosso proprio all’interno della prevenzione, lo stesso ambito in cui si muove il progetto MAC AIDS della Fondazione Villa Maraini, cui partecipa anche il dottor Merone.
Oltre a fornire in sede il test, rigorosamente in forma gratuita e anonima, la Fondazione si sposta con i propri camper per offrire la possibilità di sottoporsi gratuitamente e anonimamente al test dell’Hiv, a test sui comportamenti a rischio e di ricevere la consulenza di esperti in varie località, fuori dalle Università, nelle zone a rischio e in occasione di eventi.