Il consumo di carne bovina è uno spreco di calorie, parola d’esperto
L'energia contenuta nei prodotti dell'agricoltura non viene sfruttata appieno se vengono destinati agli allevamenti bovini. Se mangiassimo più pollo e maiale ne guadagnerebbe l'intera popolazione mondiale
La carne è ormai da tempo al centro di un intenso dibattito su quanto sia salutare il suo consumo, un dibattito reso più acceso dalla sempre più ampia diffusione di stili alimentari come il vegeterianismo e il veganismo, spesso frutto di una scelta non solo etica, ma anche ecologica. Dal punto di vista della salute umana, risulta sempre più chiaro quanto il consumo di carne non sia da condannare in quanto tale, ma quando eccessivo e quando si scelgono tagli ricchi di grassi poco salutari (ne abbiamo sentito parlare recentemente anche dagli esperti che si sono riuniti in occasione di NutriMi 2013). Oggi un nuovo studio dell’Università del Minnesota riporta invece l’attenzione su un altro aspetto, sottolineando che gli allevamenti bovini sono eccessivamente dispendiosi dal punto di vista del consumo di calorie e che consumare meno manzo, vitello e simili permetterebbe di sfamare una parte molto più ampia della popolazione mondiale.
Osservata da un punto di vista più egoistico, la ricerca condotta Emily Cassidy e colleghi ci dice che il costo che paghiamo per consumare la carne bovina è sproporzionato rispetto ai vantaggi che ne ricaviamo in termini di apporto di calorie. Per produrre 1 caloria sotto forma di carne bovina sono infatti necessarie 30 calorie sotto forma di vegetali destinati alla produzione di mangimi. Il problema non si limita, però, a questa singola equazione.
Concentrandosi sui dati relativi alla produttività di 41 diverse coltivazioni raccolti tra il 1997 e il 2003, Cassidy e colleghi sono giunti alla conclusione che solo il 12% delle calorie utilizzate per l’alimentazione animale si trasforma in calorie consumate dall’uomo e che solo il 55% delle calorie prodotte da queste coltivazioni in tutto il mondo vengono utilizzate per sfamare le persone, mentre se l’intera produzione di queste coltivazioni fosse destinato al consumo da parte dell’uomo la quantità di calorie a disposizione per rispondere ai fabbisogni della popolazione mondiale – che, ricordiamo, è stimata in continua crescita – potrebbe aumentare fin del 70%. I risultati ottenuti ragionando in termini di proteine sono simili: solo il 49% delle proteine vegetali prodotte con l’agricoltura finisce nell’alimentazione umana.
A onor del vero, l’Italia è tra i paesi più virtuosi, ma se in India il 90% delle calorie prodotte con l’agricoltura sono destinate all’alimentazione umana, questa percentuale scende al 58, al 45 e al 27% nel caso, rispettivamente, della Cina del Brasile e degli Stati Uniti.
La buona notizia è che produciamo già abbastanza calorie per sfamare qualche miliardo in più di persone
ha commentato Cassidy. I soli Stati Uniti potrebbero dar da mangiare a 1 miliardo di persone in più se le calorie prodotte con l’agricoltura fossero destinate al consumo diretto da parte dell’uomo. I ricercatori sono però consapevoli di non poter chiedere all’intera popolazione mondiale di smettere di mangiare carne bovina. Nemmeno i più sensibili al problema, ma amanti della carne e degli altri prodotti dell’industria dei bovini (come latte e formaggi), devono sentirsi obbligati a farlo. Secondo Cassidy e colleghi basterebbe infatti dirottare le risorse nell’alimentazione del pollame e dei suini per riuscire a sfamare 357 milioni di persone in più.
Tradotto in termini pratici per la nostra alimentazione: meno carne di manzo e vitello e più pollo e tacchino, senza dover rinunciare a uova e latticini. Per quanto riguarda il maiale, ricordiamo che, in generale, non si dovrebbe superare 1 porzione di salumi a settimana.
Via | University of Minnesota