Tumore alla prostata, il no degli esperti alla chirurgia preventiva
Non si può rinunciare a un organo sano solo sulla base di un rischio genetico. A dirlo è la Società Italiana di Urologia Oncologica
La scelta di sottoporsi alla chirurgica preventiva per allontanare lo spettro del tumore alla prostata non può basarsi sulla presenza di un’anomalia genetica. Ad affermarlo è Alberto Lapini, presidente del XXIII Congresso Nazionale SIUrO, l’incontro annuale fra gli esperti della Società Italiana di Urologia Oncologica (SIUrO) organizzato, quest’anno, a Firenze.
Insieme ad altri rappresentanti del settore, Lapini ha risposto così alle cronache degli ultimi tempi. Dopo il caso di Angelina Jolie, che ha raccontato di essersi sottoposta a una mastectomia bilaterale dopo aver scoperto di essere portatrice di una mutazione che aumenta il rischio di cancro al seno, un manager londinese ha dichiarato di essersi fatto asportare la prostata, in buono stato di salute, per evitare di dover avere a che fare con un tumore.
Gli esperti italiani non sono, però, d’accordo con questo tipo di approccio preventivo. Come ha spiegato Giario Conti, presidente SIUrO,
le ultime ricerche hanno dimostrato che l’alterazione, tramite mancate riparazioni del Dna, del gene Brca 2 nel maschio aumenterebbe il rischio relativo di sviluppare il tumore di 9 volte circa rispetto alla popolazione normale.
Ma a differenza di quello che accade per il tumore al seno e alle ovaie dove la probabilità è molto alta e dove esistono dei percorsi medici precisi, per il tumore della prostata le conoscenze attuali non sono assolutamente tali da garantire la correlazione tra l’alterazione dei geni e l’insorgenza del tumore.
I tumori associabili a mutazioni nei geni sono, in genere, più aggressivi, più veloci e più a rischio di metastasi. Tuttavia, Lapini ha spiegato che
la presenza di un’anomalia genetica non rappresenta la certezza di sviluppare il tumore della prostata.
Per di più la mortalità per tumore alla prostata è in continua diminuzione e più del 70% degli uomini che ne sono colpiti è ancora vivo a 5 anni dalla diagnosi.
Per tutti questi motivi i medici non ritengono necessario pensare ad effettuare screening genetici di massa o di ricorrere alla chirurgia preventiva su organi sani. Piuttosto, il test genetico può essere utile per chi ha diversi casi di tumore aggressivo alla prostata in famiglia. La familiarità, infaati, aumenta la probabilità che alla base della malattia vi siano anche cause genetiche.