Apnee notturne e Alzheimer, esiste un legame?
Uno studio preliminare suggerisce un'associazione fra i due problemi, ma è presto perché chi soffre di disturbi del sonno si senta condannato a sviluppare danni cerebrali
Fra i disturbi del sonno che possono comparire all’avanzare dell’età ci sono anche le apnee notturne. Oggi un nuovo studio, presentato alla conferenza annuale dell’American Thoracic Society svoltasi nei giorni scorsi a Philadelphia (Usa), svela che la presenza di questo problema può essere associata alla malattia di Alzheimer.
Ma cosa sono, esattamente, le apnee notturne? E questa scoperta significa che chi ne soffre è destinato a sviluppare l’Alzheimer?
Un problema non solo di sovrappeso
Normalmente quando si dorme i muscoli del collo si rilassano, ma ciò non impedisce alle vie respiratorie a mantenersi aperte. In alcune condizioni, però, si può verificare un’ostruzione che, oltre a far russare, porta a vere e proprie apnee.
Quando si smette di respirare durante il sonno è inevitabile risvegliarsi per riprendere a respirare, ma a volte lo si fa inconsciamente e spesso chi soffre di apnee notturne non se ne accorge. Tuttavia, il problema può essere talmente serio da portare a svegliarsi anche più di 30 volte in un’ora.
Oltre a peggiorare la qualità del sonno, i continui abbassamenti delle concentrazioni di ossigeno nel sangue causati dalle apnee possono portare anche al rilascio degli ormoni dello stress, che aumentano i rischi per la salute cardiovascolare, ad esempio quello di ipertensione.
Spesso alla base di questo fenomeno c’è un problema di sovrappeso. Infatti il tessuto adiposo in eccesso può ispessire le pareti della trachea e portare all’occlusione delle vie respiratorie mentre si dorme. Il peso in eccesso non è, però, l’unica possibile causa delle apnee notturne, che possono essere associate anche a:
- un rilassamento oltre la norma dei muscoli del collo o della lingua;
- lingua e tonsille troppo grandi rispetto alle vie respiratorie;
- una struttura ossea di testa e collo che porta al restringimento delle vie respiratorie;
- la riduzione, causata dall’invecchiamento, della capacità dei nervi di mantenere sufficientemente rigidi i muscoli del collo.
L’associazione tra apnee notturne e Alzheimer rilevata in questo studio ricade proprio in una di queste ultime casistiche.
I rischi corsi dai magri
Gli autori, guidati da Ricardo Osorio, ricercatore della New York University School of Medicine, hanno monitorato il sonno di 68 individui di età media pari a 71 anni. Fra questi, il 25% soffriva di problemi di respirazione durante il sonno di entità grave o moderata, mentre il 49% aveva a che fare con un disturbo più lieve.
Osorio e colleghi hanno scoperto che i partecipanti più magri con problemi di respirazione avevano una maggiore probabilità di presentare marcatori di danni cerebrali e della riduzione dell’uso di glucosio nel cervello associati ad una maggiore probabilità di sviluppare l’Alzheimer. Il ricercatore ha, però, precisato che quella osservata
è solo una correlazione
che rende necessari ulteriori studi per chiarire qual è il legame fra il sonno, l’invecchiamento e i problemi di memoria tipici del disturbo di Alzheimer.
E’ chiaro che il sonno è importante per la memoria e il sonno cambia quando si invecchia
ha spiegato Osorio.
Anche le interruzioni del sonno aumentano durante l’invecchiamento.
Tuttavia, il ricercatore ha aggiunto:
non sappiamo se queste persone svilupperanno l’Alzheimer in futuro e non sappiamo quale rischio corrono. In futuro potremmo essere capaci di predire questo rischio.
In questo momento, in realtà, non si può nemmeno dire se siano le apnee notturne ad aumentare il rischio d’Alzheimer o viceversa. Potrebbe addirittura essere un terzo fattore, ad esempio l’invecchiamento, a promuovere entrambi i disturbi.
Anche Brad Dickerson, docente di neurologia all’Harvard Medical School di Boston, ha commentato la scoperta sottolineando che
questi risultati sono molto preliminari e devono essere studiati ulteriormente (…) per assicurarsi che siano validi e per capire meglio le loro implicazioni.
Il prossimo passo in questo senso che Osorio intende compiere è verificare se negli anziani sottoposti a trattamenti per ridurre i problemi di respirazione nel sonno la probabilità di sviluppare l’Alzheimer è ridotto.
Via | MedlinePlus
Foto | da Flickr di Daniel Morris