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Statine per prevenire il colesterolo alto, i benefici superano davvero i rischi?

Anche le persone sane devono assumere statine per proteggersi da infarto ed ictus? Non tutti ne sono convinti: ecco perché.

Statine per prevenire il colesterolo alto, i benefici superano davvero i rischi?


Statine per ridurre e tenere sotto controllo i livelli di colesterolo nel sangue. Le assumono, in via preventiva, anche molti adulti sani. Un editoriale pubblicato su The Lancet sostiene che superati i cinquant’anni, anche se si è in perfetta salute, è utile assumere statine per ridurre il rischio di infarto ed in generale tutti i fattori di rischio cardiovascolare.

Affermazione che si basa sui risultati di una meta-analisi di 27 studi pubblicata dalla stessa rivista. Eppure non è certo l’ultimo studio in ordine di arrivo ad avere necessariamente ragione, è bene ricordarcelo. Studi precedenti avevano dimostrato un certo scetticismo sulla somministrazione di statine anche agli adulti sani. Infatti, se non ci sono dubbi sull’utilità delle statine in chi è a rischio di malattie cardiovascolari perché ha il colesterolo alto e può subire, più di altri, un attacco di cuore, sui benefici delle statine sui soggetti sani resta ancora un nodo cruciale da sciogliere: i vantaggi che derivano dall’assunzione regolare di statine valgono i rischi?

Jupiter, uno studio condotto nel 2008 sui benefici della rosuvastatina (Crestor) ha scoperto che la sua assunzione riduce del 44% il rischio di infarto nei soggetti sani. Lo studio è stato però aspramente criticato perché i trials sono stati interrotti troppo presto, portando a sovrastimare i benefici delle statine.

Una recente meta-analisi di 27 studi condotti su un totale di 165.149 persone ha appurato che assumere statine per un anno riduce il rischio di ictus, di infarto e la necessità di sottoporsi ad un intervento di by-pass del 21%, dopo che i livelli di colesterolo sono scesi a quelli di una persona sana. Nei soggetti sani i benefici sono decisamente più ridotti: il rischio scende dell’o,77% in un anno, passando dal 4,04% al 3,27%.

Kausik Ray, cardiologo dell’Università Saint George di Londra, contesta inoltre l’inclusione nell’analisi di soggetti che avevano già sofferto di disturbi cardiovascolari. Un’inclusione che può deviare dal dare una risposta obiettiva ad un interrogativo ancora irrisolto: le statine sono utili anche alle persone sane, senza fattori di rischio cardiovascolare noti? Una meta-analisi di 11 undici studi clinici condotta dallo stesso Ray nel 2010 su 65.229 soggetti sani ha concluso che le statine non riducono la mortalità nei pazienti che non hanno problemi di cuore e colesterolo alto. Nei soggetti sani il rischio di subire un infarto scende, con l’assunzione di statine, dell’0,4% all’anno.

Benefici così ridotti valgono i rischi? Ricordiamo che tra gli effetti collaterali delle statine figurano l’aumento del rischio di ictus emorragico, dolori muscolari, complicazioni al fegato (rare). E ancora aumento del rischio di insorgenza di diabete e perdita di memoria. A mettere in guardia dagli effetti collaterali è la Food and Drug Administration.

Gli autori della meta-analisi pubblicata su The Lancet sostengono che il rischio di incorrere in questi effetti collaterali è piuttosto basso e che i vantaggi che derivano dall’assunzione superano i rischi: ad esempio, solo una persona su 2.000 ha subito un ictus emorragico. Ma ancora una volta c’è chi pensa si stiano sottostimando i rischi. Rita Redberg, cardiologa all’Università della California di San Francisco, rivela un particolare che non fa proprio onore allo studio pubblicato su The Lancet: prima di iniziare il trial i pazienti, come da prassi, hanno dovuto assumere statine per diverse settimane per testare la loro tolleranza alla sostanza. Chi ha sviluppato disturbi e reazioni avverse non è stato invitato a proseguire lo studio, come è giusto che sia, occorre tutelare i pazienti prima di ogni altra cosa. Il problema, però, è che così facendo i risultati dello studio sono parziali ed ancora una volta si sovrastimano i benefici delle statine e si sottovalutano i rischi dell’assunzione a lungo termine nei soggetti sani.

Secondo Vinay Prasad, internista alla Northwestern University Feinberg School of Medicine, così facendo si fanno apparire i farmaci più sicuri di quanto non siano in realtà. E poi c’è la questione dei finanziamenti. Quasi tutti gli studi che evidenziano i benefici sono stati finanziati da aziende farmaceutiche ed alcuni co-autori della meta-analisi hanno ricevuto compensi dalle aziende farmaceutiche. Questo non vuol dire, non necessariamente almeno, che i risultati siano taroccati. D’altra parte, anche se non occorreva uno studio per dimostrarlo, una ricerca del 2003 pubblicata sul British Medical Journal afferma che gli studi finanziati dalle case farmaceutiche nella maggioranza dei casi riportano risultati favorevoli ai prodotti delle aziende stesse. Cosa che con gli studi indipendenti ovviamente non capita altrettanto spesso.

Secondo Prasad questo aggiunge scetticismo a scetticismo sulla validità dei benefici delle statine nei soggetti sani. La pensa allo stesso modo anche James Liao, esperto in medicina vascolare del Brigham and Women Hospital di Boston:

Ci si deve interrogare sull’utilità di somministrare statine a milioni di persone per ottenere benefici irrisori.

Inoltre, gli americani non scelgono i farmaci generici, come la lovastatina, disponibili da Walmart a 4 dollari (il prezzo di una confezione che garantisce un mese di trattamento). Molti consumatori scelgono le opzioni più costose di marchi noti. Nel 2011, ad esempio, gli americani hanno speso 4,4 miliardi di dollari per il Crestor prodotto da AstraZeneca e 7,7 miliardi di dollari per il Lipitor prodotto dalla Pfizer.

Via | Scientific American
Foto | Flickr

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