Italiani, che ansia!
Cinque milioni di italiani soffrono di disturbi d'ansia, dalla sociofobia ai pensieri ossessivi. Un disturbo curabile che non prendiamo sul serio e non curiamo.
Italiani nella morsa dell’ansia. Non quell’ansia positiva che ci spinge a rispondere agli stimoli esterni, a produrre ed a difenderci dai pericoli, bensì l’ansia che paralizza ed angoscia eccessivamente ed ingiustificatamente, spingendoci all’inazione.
I disturbi d’ansia colpiscono oltre cinque milioni di italiani, alle prese con attacchi di panico, preoccupazioni assillanti, fobie, pensieri ossessivi e disagi psicologici. Come ci spiega il professor Giampaolo Perna, della Società Italiana di Psicopatologia, l’ansia patologica oggi si può curare. Abbiamo tutti gli strumenti per evitare che ci rovini la vita, incidendo sulle nostre scelte, eppure non li utilizziamo. Scrive Perna:
Nonostante oggi disponiamo di cure efficaci, molte di queste persone si trascinano il problema per molti anni, anche decenni non potendo esercitare uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano: il diritto alla libertà di scelta. Avere attacchi di panico vuol dire perdere la libertà di muoversi autonomamente; avere le ossessioni e le compulsioni influenza la libertà di controllare i propri pensieri e le proprie azioni; la fobia sociale non ci permette di gestire liberamente le relazioni con gli altri e l’ansia generalizzata non ci permette di cogliere le opportunità della vita liberamente. I disturbi d’ansia, in ultima analisi, ci costringono a giocare in difesa a prezzo della nostra libertà.
Niente panacee valide per tutti. Per uscirne il percorso da intraprendere deve essere funzionale alle nostre esperienze, traumi, caratteristiche, al nostro stile di vita. In particolar modo, bisogna scovare la causa scatenante, più o meno radicata nel nostro inconscio e nelle esperienze passate o nei timori per il futuro.
Come sottolinea lo stesso Perna:
Troppo spesso, questa perdita di libertà diventa cronica in virtù di una serie di errori diagnostici e terapeutici: il primo passo per fare una diagnosi corretta e impostare una terapia efficace è la conoscenza della psicopatologia che non può limitarsi a una valutazione descrittiva ma deve includere un’analisi funzionale e patogenetica. Soltanto allora sarà possibile evitare i troppi errori che fanno perdere così tanta libertà.
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