Produttività, lavorare meno è meglio
Lavorare per vivere o vivere per lavorare?
Contro la crisi e per una maggiore competitività spesso si richiede ai lavoratori un maggior numero di ore di lavoro, non di rado a fronte dello stesso salario. Ma tirare tardi in fabbrica o in ufficio garantisce davvero prestazioni migliori ed un aumento della produttività?
No, tutt’altro. Lo stress espone i lavoratori ad un rischio maggiore di malattie soprattutto infettive. L’ormone dello stress, infatti, il cortisolo, abbassa le nostre difese immunitarie. Riposarsi è fondamentale per evitare di ammalarsi e contagiare l’intero reparto. Inoltre, i lavoratori stressati commettono più errori, il che certamente non giova alla qualità del lavoro svolto, alla soddisfazione dei clienti e così via discorrendo.
Ecco perché in Gran Bretagna si sta pensando di portare la settimana lavorativa a 20 ore. Ci lavora un thinktank, New Economics Foundation, e non solo per garantire più occupazione e meno stress. Si lavora per vivere e non il contrario. Se la vita sociale viene ridotta al minimo, le persone sono più depresse ed infelici. Chi trascura i figli, ad esempio, perché deve lavorare, si sentirà in colpa.
Emozioni negative che confluiscono in dipendenze e vizi nocivi per la salute, dai cibi di conforto alle sigarette all’alcool ad un consumismo sfrenato con cui si tenta di colmare la mancanza di affetti. Una settimana corta risolverebbe in un colpo solo molti problemi: garantirebbe più posti di lavoro a tutti, diminuirebbe i costi sanitari delle malattie croniche e dell’obesità, aumenterebbe la produttività aziendale e la competitività.
Rapporti più solidi nelle famiglie, inoltre, diminuirebbero fenomeni come la delinquenza giovanile, l’abbandono precoce della scuola e porterebbero a meno divorzi e crisi di coppia. Stress e frustrazione sono associati a rischi maggiori di episodi di violenza domestica, con i relativi disagi psicologici da adulti per i figli che crescono in situazioni di conflittualità esasperata.