Perché ci fidiamo degli sconosciuti
Fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio, ci insegnano il prima possibile quando siamo ancora piccoli. Eppure la società dimostra una tendenza dell’uomo tutta opposta: tendiamo a fidarci degli sconosciuti più spesso di quanto non si creda. Perché? Si tratta di un comportamento detto prosociale che si spiega con l’evoluzione della società in senso […]
Fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio, ci insegnano il prima possibile quando siamo ancora piccoli. Eppure la società dimostra una tendenza dell’uomo tutta opposta: tendiamo a fidarci degli sconosciuti più spesso di quanto non si creda. Perché? Si tratta di un comportamento detto prosociale che si spiega con l’evoluzione della società in senso economico: quando c’è un mercato su cui si scambiano merci il contatto è obbligato. Eppure nell’antichità, quando le comunità erano piccole e tutti si conoscevano tra loro… ?
C’entra anche la religione, dicono gli studiosi che hanno esaminato 2000 partecipanti all’indagine, provenienti da 15 diverse società sparse nel mondo. Il senso degli affari e l’appartenenza religiosa giocano un ruolo cruciale nel nostro rapporto con la persona estranea. Mercato e religione, quindi, le cause della nostra fiducia nell’altro.
Ci siamo dovuti adattare, dice la ricerca: nelle società moderne il mercato ha imposto a chi volesse avere un qualche vantaggio sui concorrenti di trattare con gli stranieri per assicurarsi piazze, rotte, merci migliori a prezzi migliori. Le società sono state costrette ad elaborare nuove norme relazionali per confrontarsi con gli stranieri, perché le vecchie basate sulla conoscenza diretta dei membri della comunità erano insufficienti.
La religione ha giocato su un altro piano, influenzando i rapporti con l’altro sulla base dei concetti di punizione e di morale legati alla generosità verso lo straniero. Inoltre il senso di appartenenza ad una comunità religiosa che supera i confini territoriali fa la sua parte: ci sentiamo fratelli.
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