Telethon sperimenta sugli animali? La verità su test e vivisezione
Il mondo dietro a Fondazione Telethon spesso fa sorgere domande di tipo etico, come quella sulla sperimentazione animale
Tutte le Organizzazioni, anche quelle senza fini di lucro, sanno bene che al giorno d’oggi qualunque attività va avviata e seguita senza prescindere dall’etica, un aspetto su cui la società moderna non è disposta a chiudere un occhio. Lo sa bene Fondazione Telethon, che spesso viene interpellata sui test di laboratorio condotti ai fini della ricerca scientifica.
La domanda più sentita e letta è “Telethon sperimenta sugli animali?”, un quesito che ha trovato nuova forza dopo che negli anni molti attivisti e associazioni cruelty free hanno sensibilizzato l’opinione pubblica sulla delicata questione della vivisezione, spesso sovvenzionata dalle industrie farmaceutiche e dagli enti di ricerca.
Sul sito di Telethon c’è una pagina specifica in cui si parla proprio dei test di laboratorio sugli animali, ma senza alcun accenno alla vivisezione. Si legge che “oggi solo una parte dei progetti finanziati richiede la sperimentazione su modelli animali”, sostenendo che in questi casi il protocollo impone anche di usare il minor numero di esseri viventi e di agire in modo da provocare loro la minore sofferenza possibile.
La risposta quindi alla domanda se Telethon sperimenti sugli animali è certamente sì, sebbene venga marcato molto l’aspetto che ogni test viene effettuato a rigor di legge. In Italia la sperimentazione è regolata dal Decreto Legislativo 26/2014 del Ministero della Salute, che recepiva la direttiva europea 2010/63/UE.
Il D.Lgs mira a ridurre l’utilizzo degli animali per fini scientifici, legiferando anche sulle condizioni di allevamento e cura, che devono essere dignitose e ridurre al minimo la sofferenza. Nel Decreto si legge anche che è vietato ricorrere a cani, gatti, primati e specie in via d’estinzione, ma viene espressa anche la possibilità di farlo in casi eccezionali.
Questo significa che cavie e conigli sono gli animali principali su cui si effettuano i test, ma non viene negato il ricorso ad altre specie, visto che il Ministero della Salute può autorizzare in via d’eccezione “l’impiego di cani e gatti quando è scientificamente provato che è impossibile raggiungere lo scopo della procedura utilizzando specie diverse e nell’ambito di procedure che perseguono determinati scopi previsti dal decreto”.
Nella pagina web di Telethon non viene specificato se la sperimentazione condotta in questi anni ha avuto necessità di ricorrere ad altri animali oltre ai roditori, né si fa cenno ad un numero indicativo di soggetti sottoposti ai test. A questo punto una domanda sorge spontanea: è davvero indispensabile la sperimentazione su animali?
Secondo la Fondazione sì, in quanto permetterebbe di controllare efficacia ed eventuale tossicità dei nuovi farmaci, prima di passare ai trial clinici sull’uomo. In realtà su questo punto ci sono due differenti campane, una a sostegno dell’essenzialità dei test su animali e l’altra in totale disaccordo con questa visione.
Chi li osteggia non sono solo le associazioni antispeciste, che ritengono la sperimentazione animale non solo dannosa ma proprio inutile, incolpando le aziende farmaceutiche di continuare a sperimentare su esseri viventi solo per questione di costi più bassi. Anche parte della comunità scientifica si schiera per i moderni test in vitro contro quelli in vivo, giudicando i primi più efficaci rispetto ai secondi.
Proprio su questa base l’Europa aveva già bannato nel 2013 le sperimentazioni su animali in ambito cosmetico, ritenendole poco etiche, ma anche obsolete e di certo non più efficaci di quelle su linee cellulari ricostruite in laboratorio. Ma la sperimentazione farmacologica è tutta un’altra storia.
Fino ad un nuovo colpo di reni della Comunità Europea, in grado di far fare inversione di rotta, le grandi multinazionali farmaceutiche, esattamente come le fondazioni e gli enti senza scopo di lucro come Telethon, potranno eseguire test su animali ogni qualvolta lo riterranno opportuno.
La Fondazione Telethon si dice chiaramente contraria al maltrattamento degli animali, ma qualche parola in più su come vengono effettivamente trattate cavie e conigli durante le varie fasi delle sperimentazioni, su quanti soggetti vengono impiegati o sulle percentuali di decessi e di danni riportati, forse poteva anche essere spesa.
Così come sulla questione vivisezione, ufficialmente ancora aperta.
La risposta del dottor Giuliano Grignaschi, direttore di Research4Life
19 dicembre 2018
Dopo la pubblicazione dell’articolo di cui sopra, è arrivata una lettera di precisazioni alla nostra mail di redazione, che pubblichiamo in modo integrale qui sotto. La lettera è firmata dal dottor Giuliano Grignaschi, direttore di Research4Life, che già da anni si occupa di sostenere la ricerca biomedica, dando anche la propria versione dei fatti sulla sperimentazione animale.
Ringraziamo il dottor Grignaschi per averci scritto, pur sentendoci in dovere di fare qualche puntualizzazione doverosa. Blogo è informazione libera e indipendente, quindi cerca di non omettere nei suoi articoli anche le discussioni calde su determinate tematiche, come la questione della vivisezione, su cui si parla spesso e su cui, purtroppo, aleggia la voce che molti enti finanzino questo tipo di pratica. Ancora oggi.
Per quanto riguarda il termine “cruelty-free”, non c’è ambiguità in questo. Si reputano cruelty-free azioni, aziende e prodotti che rispondono a determinate caratteristiche, fra cui il non utilizzo di animali per le sperimentazioni, siano esse farmaceutiche o cosmetiche. Il termine non mira a reputare crudele nessuno, men che meno i ricercatori.
Per la questione dei costi, va ricordato perché le cavie e i topi sono spesso scelti nella sperimentazione. A tal proposito ci terremmo a citare un articolo di Focus dedicato all’argomento, quindi una fonte autorevole (il link all’articolo è https://www.focus.it/ambiente/animali/sperimentazione-animale-alla-ricerca-di-un-alternativa):
[quote layout=”big” cite=”Focus]PERCHÉ TOPI E BEAGLES? Assodato che l’essere umano non è un topone di 70 kg, perché i topi sono gli animali più utilizzati nella sperimentazione scientifica? In barba alle affinità con l’uomo, si utilizzano perché sono piccoli, maneggevoli, facili da comperare, trasportare, stabulare e da manipolare geneticamente, ma soprattutto poco costosi. Inoltre hanno una vita breve (massimo 3 anni) quindi le malattie si sviluppano più velocemente.[/quote]
Per quanto riguarda la sperimentazione animale di Telethon, è l’ente stesso a specificare nella sua pagina web dedicata di ricorrervi, pur preferendo l’uso di altre metodiche e sempre nel rispetto della normativa vigente.
Di seguito la lettera del dottor Giuliano Grignaschi, che ringraziamo nuovamente per averci scritto, permettendoci anche di approfondire questa tematica quantomai attuale e sentita.
PS – L’articolo non è senza firma, ma semplicemente sotto pseudonimo e, qualora ci fossero ancora dubbi, le notizie del post non sono atte a screditare il lavoro di Telethon né delle Organizzazioni che si occupano di ricerca scientifica (ogni volta che la medicina fa passi avanti, ne giova tutta la specie umana), ma solo a dare delle risposte senza alcuna polemica, ma anche senza omettere i lati “sgradevoli” della questione.
Spettabile Blogo,
Questa risposta a seguito del vostro articolo non firmato dal titolo “Telethon sperimenta sugli animali? La verità su test e vivisezione”, dove in un contesto sostanzialmente corretto si usano però delle ‘parole chiave’ che meritano chiarimenti e precisazioni.
Chi scrive è il segretario generale di Research4Life, una piattaforma che si occupa di sostenere la ricerca biomedica, di cui fanno parte i principali enti ed associazioni che, a vario titolo, si occupano di ricerca biomedica in Italia, tra cui AIRC, Istituto Mario Negri e Fondazione Telethon, che viene chiamata in causa sul tema sperimentazione animale, che riguarda tutti noi e tutti gli enti di cui sopra.
Partiamo dalla parola ‘etica’, un termine che sentiamo nostro e ci appartiene. Cosa c’è di più etico, infatti, che lavorare per salvare e migliorare la salute dell’uomo (e di tutti gli altri animali) utilizzando le tecnologie più avanzate e ricorrendo al modello animale solo ed esclusivamente quando non è possibile fare altro?
E poi ‘cruelty free’. Cosa significa? È un termine ambiguo. Infatti i ricercatori fanno sperimentazione animale non perché siano ‘crudeli’ ma perché questo è il mezzo necessario per arrivare a scoprire nuova modalità di cura delle malattie, nuovi farmaci e nuovi dispositivi in grado di migliorare o salvare la vita alle persone e agli animali stessi.
Quindi ‘vivisezione’. È un termine sbagliato. Chi fa sperimentazione animale non fa vivisezione, dal momento che si attiene scrupolosamente ai principi delle 3R, ovvero Replacement (sostituzione) dell’uso del modello animale tutte le volte che è possibile, Reduction (riduzione) del numero degli animali utilizzati e Refinement (miglioramento) delle condizioni di sperimentazione grazie all’uso di anestetici, analgesici, tecniche di imaging uguali a quelle usate nell’uomo etc. Vivisezione, come dice la parola stessa, significa sezionare un animale vivo e cosciente senza analgesia e anestesia. È una pratica che non si usa più da tanti anni ed è quindi un termine che andrebbe abolito.
La frase ‘sperimentare su esseri viventi solo per questioni di costi più bassi’ parte da un assunto falso. Sperimentare su animali comporta costi molto alti che la ricerca italiana ed internazionale eviterebbe con grande piacere. Purtroppo non sempre è possibile, anche se la ricerca lavora alacremente anche sullo sviluppo di metodi alternativi al modello animale.
Anche scrivere di ‘moderni test in vitro’ è fuorviante. Non ci sono test moderni e test obosoleti. C’è una procedura scientifica che prevede prima i test ‘in vitro’, poi quelli ‘in vivo’, ovvero la sperimentazione animale, quindi la sperimentazione su uomini volontari e quindi su gruppi di pazienti. Quindi i test in vitro non sono alternativi a quelli in vivo ma complementari.
Ancora, dire che Fondazione Telethon “sperimenta sugli animali” non rappresenta la realtà in quanto ciò che fa la Fondazione, grazie all’aiuto di esperti di livello mondiale, è destinare fondi ai migliori progetti di ricerca affinché i ricercatori italiani possano svolgere nel loro Paese, nelle loro università, IRCCS o altro, studi che altrimenti verrebbero svolti all’estero! In tutto il mondo, infatti, il modello animale rappresenta ancora in molti casi l’unica speranza per l’individuazione di una terapia: Francia, Germania, Inghilterra (per restare in Europa) sono paesi dove la ricerca è molto più sviluppata rispetto all’Italia e il numero di animali utilizzati è circa 3 volte maggiore rispetto all’Italia. Negli Stati Uniti, spesso citati ad esempio per lo sviluppo di metodi alternativi, il numero di animali coinvolti in ricerca annualmente è circa 20 volte maggiore rispetto all’Italia.
Infine scrivere che “l’Europa ha bannato le sperimentazioni su animali in ambito cosmetico perché le ritiene poco etiche” è sbagliato, perché è un tema che non riguarda solo l’etica, ma lo sviluppo da parte della ricerca biomedica (cioè i nostri ricercatori) di sistemi alternativi – nello specifico pelle artificiale – che consentono di testare i cosmetici senza dover utilizzare animali.
Grazie per l’ospitalità ed avere consentito a Research4Life, che ogni giorno si batte per la trasparenza e la corretta informazione in campo scientifico, di precisare come stanno le cose su un tema delicato e complesso.
Giuliano Grignaschi