Malaria in Italia: i ricercatori lanciano un appello al Governo
Malaria: i ricercatori italiani lanciano un appello al Ministro della Salute e a quello dell’Università e Ricerca.
Malaria in Italia – I ricercatori italiani hanno lanciato un appello ai Ministri della Salute e dell’Università e della Ricerca affinché sostengano, attraverso adeguati investimenti, la ricerca italiana nella lotta alla malaria. Per l’esattezza, a lanciare l’appello sono i ricercatori dell’Italian Malaria Network (IMN), che riunisce 10 principali università. Gli esperti fanno sapere che, nonostante i grandi passi in avanti fatti per combattere il grave problema della malaria nel mondo, questa malattia rappresenta ancora oggi una causa di ritardo nello sviluppo economico di molti Paesi, specialmente nell’Africa subsahariana.
L’Europa e l’Italia non sono un mondo a parte:
spiegano in una lettera i ricercatori
l’intensità dell’attuale movimentazione globale di merci e persone espone anche i Paesi dove la malaria è stata eliminata al rischio che il trasporto di zanzare o persone infette possa reintrodurre questa malattia, sia con episodi isolati, ma non per questo meno gravi, come dimostrano le cronache recenti, sia, come nel caso della Grecia tra il 2010 e il 2013, con focolai epidemici sostenuti dalle zanzare autoctone.
Alla luce di quanto detto, i ricercatori italiani chiedono dunque un concreto sostegno alla ricerca italiana per la lotta contro la malaria, per dare un segnale importante, che possa spronare anche gli altri grandi Paesi del mondo a continuare o rafforzare ulteriormente il proprio impegno.
È preoccupante osservare che dal 2000 al 2015, in un periodo in cui l’impegno finanziario internazionale nella lotta alla malaria è cresciuto di venti volte e i maggiori Paesi industrializzati europei, quali Gran Bretagna, Olanda, Francia e Germania, hanno continuato a destinare consistenti risorse economiche allo studio di questa malattia, il finanziamento pubblico italiano riservato alla ricerca malariologica è stato praticamente nullo.
I ricercatori sottolineano infatti che i pochi gruppi di eccellenza attivi nel nostro Paese sono finanziati esclusivamente da agenzie internazionali o da fondazioni private.
La lettera completa è disponibile a questo link.