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Olio di palma: qual è la verità?

Un convegno organizzato da Ferrero fa il punto, con l'aiuto della scienza, sull'olio di palma e sui suoi effetti.

Olio di palma: qual è la verità?

“Senza olio di palma” è uno degli slogan che più risuonano durante le pause pubblicitarie in televisione in questo periodo. Ma quand’è che l’olio di palma è diventato il nemico pubblico numero uno della salute pubblica e della sostenibilità ambientale e, soprattutto, quanto sono fondati questi timori? Per provare a rispondere a queste domande, Ferrero ha organizzato un convegno (“Olio di palma: una scelta sostenibile, basata sulla scienza”) per spiegare le ragioni che l’hanno spinta a non modificare le sue ricette e a proseguire, invece, la strada verso la produzione di un olio di palma sostenibile dal punto di vista ambientale, anche grazie alla collaborazione con Greenpeace, presente al convegno.

“Ci riforniamo di olio di palma sostenibile al 100%, secondo una delle più stringenti certificazioni rilasciate da RSPO (Roundtable for Sustainable Palm Oil)”, spiega Alessandro d’Este, presidente e amministratore delegato di Ferrero commerciale Italia. “Speriamo che il nostro approccio possa diventare uno standard mondiale e siamo convinti che la nostra scelta sia davvero rispettosa dell’ambiente”.

Oltre alla certificazione RSPO, Ferrero collabora con Greenpeace, il WWF e altri membri delle ong e delle imprese mondiali all’interno del POIG (Palm Oil Innovation Group), che punta a spezzare il legame tra la produzione dell’olio di palma e la deforestazione, che sta vivendo una situazione drammatica soprattutto in Indonesia, causando forti tensioni con le comunità locali e mettendo a rischio specie animali fondamentali come la tigre di Sumatra o l’orango del Borneo. “Le aziende che collaborano con noi, tra cui Ferrero, decidono di far fronte a investimenti importanti e si impegnano a trovare una via sostenibile alla produzione dell’olio di palma”, spiega Chiara Campione, senior corporate manager di Greenpeace Italia. Una strada che, lavorando assieme alle comunità locali, consenta di evitare la deforestazione, l’estinzione di specie e l’elevata immissione di gas serra.

Oltre alla questione ambientale, però, l’olio di palma è stato messo nel mirino anche per questioni strettamente salutari e in particolar modo per l’alta percentuale di grassi saturi. Secondo Elena Fattore, ricercatrice presso il dipartimento Ambiente e Salute dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, però, questo è un falso problema: “La relazione tra il consumo di acidi grassi saturi e il rischio di malattie cardiovascolari è stata messa in discussione e nessuno dei più recenti studi è riuscito a provare che ci sia una relazione causale. Al contrario, gli studi più recenti confermano la pericolosità degli acidi grassi trans”.

A confermare e rafforzare queste tesi, interviene anche Carlo Agostoni, direttore Pediatria media intensità di cura al Policlinico di Milano: “L’acido palmitico ha una centralità peculiare anche nella nutrizione infantile, a partire dall’allattamento al seno, dove l’acido palmitico rappresenta il principale grasso saturo, con percentuali che vanno dal 20 al 25%. La disponibilità di acido palmitico nei primi mesi di vita può essere quindi considerata un elemento regolatore della produzione di energia. Basterebbe questo aspetto per sfatare molte delle cose che si dicono sull’olio di palma”.

Ma c’è di più, perché sempre secondo quanto riportato da Agostoni, l’olio di palma è preferibile agli acidi grassi vegetali trans, ha una grande resistenza all’ossidazione (e quindi non irrancidisce facilmente), ha un basso costo di produzione e un’alta resa.

La demonizzazione in corso, allora, potrebbe addirittura avere il carattere di “bufala”, almeno stando a quanto sostiene il presidente della facoltà di Psicologia della Cattolica di Milano, Claudio Bosio: “Dire che un prodotto è ‘senza olio di palma’ sembra essere solo una dichiarazione di fatto, ma in verità dice molto di più: evoca e rafforza l’idea che l’ingrediente Y sia cattivo, e che, non contenendolo, il prodotto X sia invece per forza buono. Ma in verità ci sta solo dicendo cosa non contiene, senza dirci nulla dei suoi ingredienti”.

I punti decisivi, per provare una sintesi estrema di un convegno lungo e appassionato, sembrano essere due: da una parte la critica verso una demonizzazione dell’olio di palma, da un punto di vista nutrizionale e salutare, che non trova riscontri scientifici e che anzi rischia di promuovere l’utilizzo di alternative più dannose (come gli acidi grassi trans) e dall’altra la possibilità di trovare una via sostenibile dal punto di vista ambientale alla produzione dell’olio di palma.

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