Cos’è la claudicatio intermittens, i rischi e la terapia
La chiamano anche "malattia delle vetrine", ma purtroppo non ha nulla a che vedere con il desiderio sfrenato di shopping. Ecco di cosa si tratta
I medici la chiamano claudicatio intermittens, e se già questo nome non fosse abbastanza curioso arriva anche il suo nomignolo ad aumentare la curiosità. Questo disturbo viene infatti chiamato anche malattia delle vetrine. Il motivo? Chi ne soffre è costretto a fermarsi mentre cammina a causa di una sorta di crampo alla gamba, un fastidio che rende difficile proseguire per la propria strada e fa sì che si ci fermi come se si dovessero guardare le vetrine dei negozi. In realtà il motivo che impedisce di continuare a camminare è ben altro.
La claudicatio intermittens è infatti il segnale più frequente di un’arteriopatia periferica. Alla sua base c’è un’occlusione o un restringimento di un’arteria delle gambe, ma le sue complicanze possono arrivare ben oltre. La claudicatio intermittens è infatti un indice indiretto di un’elevata mortalità sia per infarto che per ictus cerebrale. A ciò si aggiunge il fatto che nonostante il suo soprannome possa suscitare ilarità, la malattia delle vetrine è tutt’altro che un problema “simpatico” e può compromettere fortemente la qualità della vita di chi ne soffre: anche solo attraversare la strada può diventare pericoloso e nel tempo l’aggravarsi della situazione può compromettere anche il buon riposo con forti dolori notturni.
A spiegarlo è Adriana Visonà, presidente della SIAPAV, la Società Italiana di Angiologia e Patologia Vascolare.
E’ in assoluto la patologia vascolare più frequente, poiché in Italia colpisce 1 paziente su 5 sopra i 60 anni, cioè il 20% della popolazione
racconta l’esperta.
Purtroppo, per quanto riguarda questa patologia, c’è una grossa sottostima oltre che una scarsa consapevolezza. Eppure l’arteriopatia periferica è facilmente verificabile attraverso un semplice parametro, l’indice caviglia braccio (ABI, nell’acronimo inglese), che consiste nel rapportare la pressione della caviglia a quella del braccio. Con una spesa minima, quindi, si ha un’informazione molto importante sia sulla presenza della malattia, sia sulla sua gravità.
Ad essere più a rischio è chi ha a che fare con colesterolo e pressione alta, chi soffre di diabete o di insufficienza renale e i fumatori. In genere è un problema più raro in giovane età, ma in presenza di una predisposizione genetica può dare problemi anche tra i 35 e i 45 anni.
La terapia migliore per affrontare la sua comparsa è quella basata su un approccio multidisciplinare che preveda il contributo di un angiologo, di un chirurgo vascolare e di un emodinamista.
E’ essenziale che queste tre figure lavorino insieme
sottolinea Visonà, spiegando che
le indicazioni per rivascolarizzare il paziente, con un intervento chirurgico o con angioplastica, devono essere appropriate. E questo può accadere solo se il paziente viene analizzato a 360 gradi, grazie alla presenza di un team multidisciplinare. Solo questa è un’organizzazione vincente.
Nel video in apertura di questo post trovate qualche informazioni in più sulle procedure chirurgiche che possono essere utilizzate per porre rimedio al problema.
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