Infertilità maschile, la fecondazione assistita non è l’unica soluzione
L'esperto: "Si ricorre spesso alla fecondazione assistita senza valutare adeguatamente possibilità terapeutiche alternative in ambito andrologico"
Anche se mancano ancora un paio di mesi alla fine dell’anno i dubbi sono pochi: nella lista dei protagonisti delle cronache del 2014 la fecondazione assistita occuperà una delle posizioni più alte. Il decadimento del divieto all’eterologa contenuto nella Legge 40 ha portato sotto la luce dei riflettori la procreazione medicalmente assistita e ancora oggi il dibattito politico, quello etico e la cronaca quotidiana se ne occupano intensamente. C’è, però, un aspetto che spesso viene totalmente trascurato: la procreazione medicalmente assistita non è l’unica soluzione a disposizione delle coppie che devono affrontare l’infertilità. A sottolinearlo è Francesco Sasso, chirurgo uro-andrologo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.
Sasso concentra l’attenzione soprattutto sul lato maschile del problema, sottolineando che “gli uomini e le coppie sono ancora poco informati sulle terapie andrologiche”. L’esperto spiega che “il 35% dei casi d’infertilità ha origini maschili e in alcuni di questi, vedi nelle dispermie gravi – ovvero di alterazione dei livelli qualitativi e quantitativi dei parametri seminali necessari per fecondare – si ricorre spesso alla fecondazione assistita senza valutare adeguatamente possibilità terapeutiche alternative in ambito andrologico”.
“Se gli uomini si rivolgessero all’andrologia con la stessa attenzione con cui le donne si rivolgono alla ginecologia, potremmo prevenire e curare molte patologie maschili”, prosegue Sasso, sottolineando che a trarne beneficio non sarebbe solo la salute maschile, ma anche l’equilibrio della coppia. Non solo, l’andrologia può essere molto utile anche per vivere bene la propria sessualità durante l’invecchiamento proteggendo, allo stesso tempo, la propria salute. “Oggi sappiamo che l’83% dei maschi tra i 50 e gli 80 anni ha una vita ancora sessualmente attiva, con circa 6 rapporti medi al mese”, spiega l’esperto aggiungendo però che “pochi uomini sanno che le disfunzioni erettili possono essere ‘campanello d’allarme’ di malattie generali, non solo urologiche su cui bisogna intervenire con terapie combinate”.
L’invito sembra chiaro: porre tanta attenzione alla salute sessuale maschile quanta se ne pone nei confronti di quella femminile.
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