Alimentazione sostenibile, in cucina arriva la pellicola di chitosano
Aiutano a conservare i cibi, ma sono dannose per l'ambiente: ecco un'alternativa alle classiche pellicole per alimenti
La sicurezza della nostra alimentazione dipende anche da come conserviamo i cibi. Da questo punto di vista diversi accorgimenti che prendiamo quotidianamente, come avvolgere gli alimenti nella pellicola trasparente, ci aiutano a prolungarne la vita proteggendoli dai microbi. Il loro uso ha però un prezzo che paghiamo in termini di sostenibilità ambientale. Proprio nel caso della pellicola trasparente non si può infatti dimenticare che si tratta di un derivato del petrolio e che in quanto tale può contribuire a danneggiare significativamente l’ambiente. Oggi, però, i ricercatori propongono un’alternativa decisamente più sostenibile: le pellicole fatte di chitosano.
L’uso di questo materiale è stato testato in uno studio pubblicato sulla rivista Postharvest biology and technology da un gruppo di ricercatori dell’Università dei Paesi Baschi (Spagna).
Il chitosano è fatto con il carapace dei gamberetti, dei gamberi giganti e di altri crostacei
spiega Itsaso Leceta, primo nome dello studio.
L’ambiente trae benefici dall’uso di questo materiale di scarto e per di più il prodotto risultante, il chitosano, è biodegradabile.
Nel loro studio Leceta e colleghi hanno dimostrato che le pellicole di chitosano riescono a proteggere alcune delle proprietà delle carote e a conservarle più a lungo.
Il chitosano
spiega la ricercatrice
ha proprietà antimicrobiche, quindi è molto adatto all’industria alimentare, perché riduce la carica microbica – in questo caso – delle carote. E’ per questo che le loro proprietà si sono conservate meglio.
In passato per produrre pellicole di questo tipo sono state utilizzate anche altre materie prime di origine naturale, come la cellulosa o le patate.
Così come per le energie rinnovabili, è meglio avere varie possibilità – per produrre un mix – piuttosto che una sola
spiega Leceta.
Bisogna lavorare con diversi polimeri, in modo da ridurre il più possibile l’uso dei materiali basati sul petrolio.
I vantaggi che ne deriverebbero sono facilmente immaginabili pensando al fatto che la plastica abbandonata nell’ambiente impiega dai 100 ai 400 anni per degradarsi.
Se consideriamo l’intero ciclo della vita, il nostro materiale è migliore in molte categorie ambientali rispetto a quello che è prodotto utilizzando prodotti collaterali del petrolio. La chiave è l’ambiente
sottolinea Laceto
e se non riusciremo a produrre un materiale migliore dal punto di vista ambientale non verrà messo un punto al nostro lavoro.
Ora, però, i ricercatori dovranno ottimizzare i processi produttivi e ridurre ulteriormente l’impatto ambientale del chitosano.
-
- Non dimenticate di scaricare la Blogo App, per essere sempre aggiornati sui nostri contenuti. E’ disponibile su
-
- e su
- ed è gratuita.