I modelli del sonno possono predire l’accumulo di proteine patologiche legate all’Alzheimer. A rivelarlo è uno studio pubblicato sulla rivista Jneurosci, i cui autori spiegano che i risultati ottenuti potrebbero portare a nuove diagnosi precoci basate sul sonno e allo sviluppo di misure di prevenzione e di trattamento della malattia di Alzheimer.
[related layout=”right” permalink=”https://scienzaesalute.blogosfere.it/post/562431/alzheimer-i-geni-che-lo-predicono-a-18-anni”][/related]
Questa malattia è infatti associata a un sonno interrotto e all’accumulo di proteine nel cervello, che possono presentarsi prima che compaiano i caratteristici disturbi della memoria. Due tipi di onde del sonno, ovvero le oscillazioni lente e i fusi del sonno (noti anche come sleep spindles), sono sincronizzati nelle persone giovani, mentre possono non essere coordinati durante la vecchiaia.
Nel loro studio, i membri della University of California, Berkeley hanno riscontrato una diminuzione delle oscillazioni lente e della sincronizzazione del fuso del sonno associata a livelli di tau più elevati, mentre un’ampiezza ridotta dell’attività delle onde lente era associata a livelli più elevati di beta amiloide.
Dallo studio è anche emerso che una riduzione della quantità di sonno durante l’invecchiamento sarebbe associata anche a livelli più alti di proteina beta amiloide e di tau più tardi nella vita. Ciò significa che i cambiamenti nell’attività cerebrale durante il sonno e la quantità di ore in cui si dorme potrebbero servire come un segnale di avvertimento per la malattia di Alzheimer, permettendo quindi di realizzare delle cure precoci preventive.
[related layout=”big” permalink=”https://www.benessereblog.it/4-sintomi-di-alzheimer-che-non-centrano-con-i-problemi-di-memoria”][/related]
via | ScienceDaily
Foto da Pixabay