Ammalarsi di cancro e perdere il lavoro, succede spesso in Italia
Essere licenziati perché si è malati di cancro, una discriminazione in vertiginoso aumento in Italia.
Sono 274 mila i malati oncologici che negli ultimi dieci anni hanno perso il lavoro in Italia. Per molti le dimissioni sono state una scelta obbligata, licenziati o costretti a licenziarsi, altri hanno dovuto abbandonare attività autonome.
I dati diffusi dal Censis nei giorni scorsi ci restituiscono una fotografia che fa poco onore al nostro Paese. L’analisi è stata condotta su un campione di oltre mille pazienti: ben l’80% degli intervistati ha visto diminuire il reddito o si è ritrovato disoccupato a causa della malattia.
Se calcoliamo che in Italia ci sono oltre 2,2 milioni di persone alle quali è stato diagnosticato un cancro, ci rendiamo conto di come la discriminazione colpisca migliaia di lavoratori italiani.
Giuseppe De Rita, presidente del Censis, ha spiegato che ormai il tumore è una patologia sociale di massa. Il cancro coinvolge e sconvolge infatti i ruoli sociali, le attività quotidiane, la sfera fisica ed emotiva di malati e caregiver. Il supporto psicologico è fondamentale per sconfiggere il cancro e nella riabilitazione, ecco perché è assurdo sottrarre ai pazienti l’opportunità di lavorare, come se la malattia dovesse necessariamente porsi al centro della vita, escludere il resto.
Oggi le gravi lacune delle istituzioni e del servizio sanitario nazionale, con servizi di sostegno che latitano a fianco dei malati di cancro, sono fortunatamente colmate dalle centinaia di volontari oncologici. Qualcosa si muove nella direzione giusta: fino a dieci anni fa i pazienti tornavano alla vita di tutti i giorni mediamente a 17 mesi dai trattamenti mentre oggi si è scesi a 4 mesi, grazie alle terapie antitumore meno invasive e più efficaci.
Tra i disturbi psicofisici lamentati dai malati figurano ansia, perdita del desiderio sessuale, fragilità emotiva e disagi provocati dai timori sull’aspetto fisico. In tanti, inoltre, si dicono preoccupati dai tagli alla ricerca sul cancro ed alla sanità pubblica. Il 74% dei pazienti vorrebbe infatti terapie sempre più mirate, con effetti collaterali minimi e teme che non si investa abbastanza in ricerca ed innovazioni tecnologiche. Il 32% dei malati oncologici reputa prioritaria una maggiore attenzione agli aspetti psicologici della malattia ed all’impatto del cancro sulla qualità della vita.
Per De Rita, è tempo di uscire dalla solitudine in cui spesso si vive il cancro per fare della lotta al tumore un obiettivo comunitario, garantendo alle famiglie supporto anche nella fase di rientro al lavoro e non soltanto nell’emergenza.