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Amniocentesi: quali sono i rischi dell’esame?

L'amniocentesi è la procedura più diffusa per la diagnosi prenatale.

Amniocentesi: quali sono i rischi dell’esame?

L’amniocentesi è un esame molto diffuso che consiste nel prelievo di liquido amniotico dall’utero per ottenere dei campioni biologici necessari per la diagnosi prenatale. Grazie all’amniocentesi infatti è possibile individuare i difetti cromosomici come la trisomia 21, responsabile della sindrome di Down e molte altre malattie ereditarie o del sistema nervoso centrale che potrebbero colpire il nascituro.

L’amniocentesi viene effettuata sia nella fase precoce che tardiva della gravidanza, prelevando un campione di liquido amniotico, lo stesso nel quale il bambino che deve nascere nuota. L’amniocentesi precoce si esegue prima della diciottesima settimana e preferibilmente dopo la sedicesima, mentre quella tardiva si esegue a partire dal terzo mese. Entrambe vengono effettuate per via transaddominale con l’aiuto di un’ecografia con degli aghi lunghi una decina di centimetri.

L’amniocentesi è un esame che viene considerato invasivo, perché la sacca amniotica viene punta e forata con gli aghi utilizzati per il prelievo del liquido amniotico. I rischi dell’amniocentesi sono molto remoti e comprendono l’aborto, che accade circa in 5 casi ogni 1000. Remote sono anche le possibilità di infezione del liquido amniotico o di una sua perdita. Nel caso di amniocentesi tardiva i rischi sono direttamente a carico del feto, con la provocazione anticipata del travaglio o traumi fetali.

I rischi dell’amniocentesi ci sono, ma sono abbastanza remoti. L’amniocentesi è un esame diffuso, ma non obbligatorio e consigliato solo in casi particolari come al di sopra dei 35 anni o nei casi di ereditarietà comprovata di alcune malattie. In questi casi l’amniocentesi in Italia è gratuita.

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