
L’odissea spaziale dei due astronauti americani, Butch Wilmore e Sunita Williams, al loro rientro sulla Terra nella notte del 15 gennaio 2025, potrebbe avere ripercussioni significative sulla loro salute, alcune delle quali potrebbero manifestarsi anche a lungo termine. I due astronauti hanno trascorso oltre nove mesi sulla Stazione Spaziale Internazionale, un periodo che ha messo a dura prova il loro organismo.
Nel settembre 2023, Frank Rubio era tornato sulla Terra dopo un soggiorno record di 371 giorni nello spazio, il più lungo mai registrato. Il rientro è avvenuto in Kazakistan e ha visto il coinvolgimento anche del comandante Sergey Prokopyev e del collega Dmitri Petelin. Durante la missione Expedition 68, Rubio ha condiviso l’esperienza con la comandante Samantha Cristoforetti. Al suo ritorno, sono stati immediatamente eseguiti controlli medici e avviata la riabilitazione post-volo, un processo che coinvolgerà anche Wilmore e Williams. Il corpo umano, infatti, subisce una serie di cambiamenti durante il soggiorno nello spazio, alcuni dei quali possono stabilizzarsi nel tempo, mentre altri possono avere effetti permanenti.
Le conseguenze sulle ossa
La NASA ha evidenziato che lunghi periodi in assenza di gravità possono influenzare negativamente le ossa umane. In condizioni di gravità zero, le ossa della parte inferiore del corpo, come gambe, fianchi e colonna vertebrale, non sono sottoposte al normale carico, il che porta a una perdita di densità minerale. Durante i voli spaziali, le ossa portanti possono perdere dall’1 all’1,5% della loro massa ossea ogni mese. Tale riduzione della densità minerale aumenta il rischio di fratture e, in casi estremi, potrebbe portare all’osteoporosi.
La perdita di massa muscolare
Un’altra conseguenza significativa è la diminuzione della massa muscolare. Gli astronauti sono quindi costretti a eseguire esercizi di resistenza per compensare l’assenza di gravità e mantenere la forza nelle braccia e nelle gambe. Questi esercizi sono fondamentali per prevenire l’atrofia muscolare e garantire un recupero efficace al rientro.
Le sfide per il sistema cardiovascolare
Gli astronauti, durante il loro soggiorno nello spazio, affrontano anche una diminuzione del volume sanguigno, che può portare a un aumento delle aritmie. Sebbene il sistema cardiovascolare funzioni adeguatamente in microgravità, il cuore non è sottoposto a un lavoro intenso. Questo può comportare una perdita di “allenamento” del muscolo cardiaco e una diminuzione delle sue dimensioni nel tempo.
Impatto neurologico e disorientamento
Secondo il Centre for Space Medicine del Baylor College of Medicine, i lunghi periodi nello spazio possono avere un impatto neurologico significativo. Senza gravità, il cervello riceve segnali “conflittuali” dai muscoli e dagli organi interni, il che può causare disorientamento e cinetosi spaziale. Gli astronauti hanno riportato difficoltà anche nelle attività più semplici a causa di questa alterazione della percezione. Per questo motivo, al loro rientro, viene spesso consigliato di sedersi per un periodo, per facilitare l’adattamento alla gravità terrestre.
Alterazioni visive e salute orale
La permanenza prolungata nello spazio può anche comportare alterazioni della vista. Gli astronauti possono sviluppare la sindrome neuro-oculare (Sans), che provoca gonfiore dietro l’occhio. Anche il sistema gastrointestinale può risentire dell’assenza di gravità, poiché quest’ultima è fondamentale per il corretto movimento del cibo attraverso il tratto intestinale. Inoltre, la mancanza di gravità può portare a una perdita di massa ossea anche nei denti.
Rischi legati alle radiazioni
Un’altra preoccupazione è rappresentata dalle radiazioni. Gli astronauti sono esposti a radiazioni nocive oltre l’orbita terrestre bassa (LEO), e l’esposizione prolungata può causare mutazioni nel DNA e malattie come il cancro. La NASA, nel suo rapporto “Space Faring: The Radiation Challenge”, sottolinea che la principale strategia per mitigare questi effetti è limitare il tempo trascorso nello spazio.
Prestazioni cognitive e salute mentale
Infine, le prestazioni cognitive degli astronauti possono subire un impatto durante la fase di riadattamento alla gravità terrestre. Uno studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports ha evidenziato che il recupero della densità ossea può richiedere un notevole periodo di tempo. Il dottor Steven Boyd, professore alla Cumming School of Medicine dell’Università di Calgary, ha osservato che gli astronauti possono presentare difficoltà motorie all’atto del rientro. Inoltre, l’isolamento e l’interruzione del sonno durante le missioni spaziali possono influenzare negativamente la salute mentale, rendendo gli astronauti più irritabili e emotivi nei giorni successivi al ritorno.