Autismo: un principio attivo mostra effetti positivi sull’infiammazione cerebellare

L’N-acetilcisteina, un composto attivo impiegato in numerosi farmaci mucolitici, antinfiammatori e antiossidanti, ha mostrato di ridurre significativamente l’infiammazione nel cervelletto, contribuendo al recupero dei deficit comportamentali nei soggetti affetti da autismo con mutazione del gene Cntnap2. Questo è il risultato di uno studio condotto da un team di ricercatori del Centro interdipartimentale mente e cervello dell’Università di Trento, che ha aperto nuove strade nella ricerca sull’autismo.

Il ruolo dell’n-acetilcisteina nella ricerca

Il gruppo di ricerca, guidato dal dottor Yuri Bozzi, ha effettuato per la prima volta un collegamento tra l’insorgenza di disturbi dello spettro autistico e l’infiammazione del cervelletto. La ricerca, che è iniziata nel 2020, si è focalizzata sul gene Cntnap2 e sul suo impatto riguardo ai fenomeni infiammatori nel cervello. I risultati hanno rivelato che l’infiammazione, quando associata all’alterazione di questo gene, colpisce il cervelletto, una regione fondamentale per il controllo del movimento e dell’equilibrio, e che svolge anche ruoli significativi in ambito cognitivo e comportamentale.

Questo studio non implica la scoperta di un farmaco specifico per l’autismo, poiché l’effetto dell’N-acetilcisteina è mediato da un tipo di cellule del sistema nervoso centrale, le microglia, che sono responsabili della difesa immunitaria del tessuto nervoso. Queste cellule agiscono come spazzini, rimuovendo i fenomeni infiammatori nel cervello.

Le implicazioni dello studio

La somministrazione di N-acetilcisteina sembra migliorare la funzionalità delle microglia, che iniziano a svolgere in modo più efficace le loro funzioni di riparazione e riduzione del danno infiammatorio, ha spiegato Bozzi. Il gruppo di ricerca ha presentato il proprio lavoro, intitolato “The interplay between oxidative stress and inflammation supports autistic-related behaviors in Cntnap2 knockout mice”, in un articolo pubblicato sulla rivista “Brain Behavior and Immunity”.

I risultati ottenuti aprono nuove prospettive per la comprensione delle basi biologiche dell’autismo, suggerendo che la vulnerabilità genetica e l’equilibrio tra stress ossidativo e infiammazione possano avere un ruolo cruciale nei disturbi dello spettro autistico. Lo studio, con il primo autore Luca Pangrazzi, ha ricevuto finanziamenti dal progetto Train dell’Università di Trento e dalla Fondazione Umberto Veronesi, evidenziando l’importanza della ricerca scientifica nel campo delle neuroscienze e della salute mentale.

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Lucia Rossi