Che cosa si intende con il termine autolesionismo emotivo? Quali sono i sintomi con il quale questo disturbo si presenta, quali le cause e quali le conseguenze per i pazienti e famigliari e amici? Come si supera l’autolesionismo emotivo? Tante le domande che ci poniamo di fronte a un disturbo molto pericoloso.
Abbiamo rivolto, allora, al Dottor Luca Oppo, psicologo di MioDottore, che ha aderito al progetto di video consulenza online attivato dalla piattaforma, le domande più comuni che riguardano l’argomento.
Il termine autolesionismo è frequentemente ricondotto alle pratiche di cutting o ad altre automutilazioni fisiche e ad oggi ha un’elevata incidenza soprattutto nella fascia adolescenziale. Tali forme di autolesionismo sono utilizzate come strumento autoregolativo di emozioni percepite come difficili da gestire, quali rabbia, tristezza o frustrazione.
Tuttavia, esiste un’altra dimensione di tale costrutto, legata prettamente alla dimensione e al benessere emotivo, chiamata appunto “autolesionismo emotivo”. Quest’ultimo è un insieme di pensieri e comportamenti usati contro se stessi e fomentato quotidianamente da un dialogo interiore negativo, idee e paure irrazionali, bassa autostima, un critico giudice interiore sul non essere mai abbastanza o all’altezza, che rinforza le insicurezze personali.
Le manifestazioni principali di tale disagio si esprimono quotidianamente attraverso differenti atteggiamenti: non mettere limiti e barriere protettive nel rapporto con gli altri, ponendosi eccessivamente a disposizione; non saper dire di no nel momento opportuno, permettendo a persone che usano gli altri per i propri scopi di approfittarsene; accontentare sempre gli altri, anche a scapito di se stessi.
Tali atteggiamenti, che contrastano con l’obiettivo auspicabile di vivere dedicando tempo a se stessi e facendo ciò che si ama, possono provocare lesioni emotive profonde che vanno ad intaccare il proprio benessere psicofisico: trascuratezza personale, relazioni dannose, disturbi dell’umore, importante deflessione dell’autostima, vissuti di angoscia e ansia.
Individui che quotidianamente sono invischiati in questi meccanismi di autolesionismo emotivo presentano uno schema di comportamento regolare e ripetitivo, le cui fondamenta sono rintracciabili nelle influenze ambientali, familiari e relazionali di ciascuno. Si incorre infatti negli stessi errori promossi da se stessi o nei propri confronti nel passato, incorrendo in vissuti di frustrazione e rabbia, consapevoli di essere artefici e responsabili della riproduzione di tale “eredità emotiva” (traumi, esperienze negative che hanno permesso la maturazione di un’immagine negativa di sé).
In questi casi può essere utile dedicarsi ad attività e persone benefiche, perseguire i propri obiettivi, ricercando strategie utili al loro raggiungimento, e svolgere una regolare attività fisica. È inoltre consigliabile ridurre l’entità delle pretese verso se stessi ed esprimere in maniera libera e serena le proprie emozioni.
Infine, è molto importante affidarsi a un professionista per un efficace percorso di supporto, al fine di svolgere un lavoro su se stessi, sull’autoregolazione emotiva e nella risoluzione dei problemi.
All’interno di un percorso di sostegno emotivo e di supporto lo psicologo o psicoterapeuta si impegna innanzitutto a stabilire una buona relazione terapeutica, creando un clima di fiducia basata su empatia e non giudizio, favorendo l’espressione emotiva e promuovendo la co-costruzione di strategie finalizzate al raggiungimento di un maggiore stato di benessere psico- fisico.
In queste situazioni il “kit di primo soccorso”, da un punto di vista cognitivo- comportamentale, riguarda la ristrutturazione di idee e paure irrazionali, l’intervento sul dialogo interiore negativo e sull’autostima, l’apprendimento di strategie utili finalizzate alla relazione con gli altri, strategie di assertività e strumenti per una più funzionale autoregolazione e comprensione emotiva.