Sara Rania alias Kitsuné
Dalla gastronomia alla politica, ha deciso di tendere un bel nastro rosso tra l'Italia, dov'è nata qualche decennio fa, e la Francia, che ha scelto. La sua è una vera e propria missione educativa, che mira a riconquistare le papille francofone alla causa del Belpaese, restituendo allo stesso tempo alle delizie dei nostri “cugini d'oltralpe”, il giusto portato e il meritato riconoscimento offuscato dal proliferare dei cliché e della cattive imitazioni. L'arte è il suo pane quotidiano, con tanto di bel companatico bicromo annesso. Una Laurea in Filosofia, guadagnata con “cipriato sudore dandy” rintracciando gli artifici del “Peintre de la vie moderne” di Charles Baudelaire sulle orme filosofiche del Prof. Aldo Trione e bighellonando tra i “Salons” di Denis Diderot, nel pozzo di suggestioni plastiche adagiato a pochi passi da Piazza san Domenico Maggiore, nelle arterie di una Napoli maestra di vita e di storie, e tanta voglia di mettersi in gioco, l'hanno portata prima sulle rive dei Navigli e poi su quelle della Senna. Dove, saltando di progetto in progetto ha sposato i movimenti delle cose dell'artista milanese Dadamaino, e deciso nel bel mezzo di un paio di semestri alla Sorbona, di dedicarsi alla creazione di mostre virtuali. Con un piede sul Belpaese e l'altro nel frizzante universo dei musei e delle gallerie d'oltralpe, si dedica da alcune stagioni, alla descrizione dei movimenti artistici in atto, con il naso attento ai cambiamenti di registro e l'occhio ben proteso verso le nuove leve del settore, soprattutto in tema di fotografia. Tra i quartieri di Belleville e Montparnasse, e con in cuore tra le strade di Brera, raccoglie briciole di creatività per trasferirle nel cuore delle sue parole. Lettrice accanita da un passato immemore, si dedica quotidianamente al semplice ed incredibile piacere che le offrono i coerenti ammassi di lettere su sfondo chiaro. Ma esitate a confrontarla con l'incantata Amelie, perché una buona dose di sangue partenopeo, e un'appassionata parentesi milanese, fanno si che lo sciabordio dell'acqua che scola tra le chiuse, sia solo uno dei suoi feticci parigini preferiti. Abitudini che anni di orgie letterarie proustiane, nottate in attesa dell'aereo di Saint-Exupéry si schiantasse ai piedi del suo letto e qualche stagione all'ombra della Tour, hanno contribuito a fissare nelle sue parole e nelle interviste, ritratti imperfetti e incredibilmente viventi, delle sue personali scoperte.