Cancro al colon-retto: le novità nelle terapie
La chirurgia è sempre più efficace e sempre più pazienti possono affermare di essersi lasciati il tumore alle spalle
In Italia il cancro al colon-retto colpisce ogni anno tra 40 e 50 persone ogni 100 mila abitanti, per un totale di 50 mila malati concentrati soprattutto al Nord e prevalentemente di sesso maschile. Nel 50% circa dei casi il tumore viene scoperto quando è in uno stadio di sviluppo intermedio, ma i programmi di screening e di diagnosi precoce hanno ridotto fortemente le circostanze in cui il paziente giunge dal medico quando è ormai troppo tardi. Cosa dire, invece, delle terapie più innovative attualmente a disposizione? Gli esperti hanno fatto il punto della situazione durante il Congresso Nazionale “Nuovi trend in chirurgia colo-rettale”, svoltosi ieri al Policlinico “Tor Vergata” di Roma.
La terapia chirurgica non è cambiata nella sostanza, quanto nella sua forma
ha spiegato Pierpaolo Sileri, esperto dell’Università “Tor Vergata”
L’intervento chirurgico è sicuramente più efficace in termini di riduzioni delle complicanze e recupero funzionale del paziente. Oggi interventi una volta gravosi per anziani possono essere eseguiti con sicurezza e risultati sovrapponibili a quelli ottenuti in pazienti più giovani.
Non solo, a giocare un ruolo fondamentale sono sempre anche la diagnosi precoce e la prevenzione: riuscendo a individuare eventuali polipi nel colon è possibile eliminarli con un semplice intervento. In questo modo si evita la loro trasformazione in cancro.
A partire dagli anni Settanta
ha proseguito Sileri
è cambiato l’approccio alle malattie del colon già con l’introduzione della colonoscopia, per poi progredire con l’utilizzo delle suturatrici meccaniche negli anni Ottanta, proseguire con la laparoscopia, fino alla robotica ai giorni nostri: questa è l’evoluzione continua della chirurgia mininvasiva, ossia quella che riduce i tagli al minimo indispensabile.
Questa ha ridotto il numero delle complicanze legate all’intervento stesso e all’accesso chirurgico di almeno un terzo: allo stesso modo
ha aggiunto l’esperto
è diminuita anche la mortalità, anche nei pazienti anziani e fragili.
In questo panorama all’aumento dell’incidenza del cancro al colon-retto è associato un contemporaneo aumento del numero dei pazienti che si sono lasciati il tumore alle spalle.
Nel nostro Paese quasi 3 milioni di persone vivono con una precedente diagnosi di tumore, nel 2020 saranno circa 4 milioni 500 mila
ha spiegato Sileri, sottolineando che
la sopravvivenza dopo la diagnosi di tumore rappresenta uno dei principali indicatori che permette di valutare l’efficacia del sistema sanitario nei confronti della patologia tumorale.
In Italia
ha commentato Achille L. Gaspari, docente all’Università “Tor Vergata” e presidente della Società Italiana di Chirurgia Oncologica
l’oncologia è promettente e limitata allo stesso tempo. Da un punto di vista culturale e tecnico, infatti, siamo nelle condizioni di confrontarci con le nazioni più avanzate al mondo. Per quanto riguarda gli aspetti organizzativi, invece, tutto è lasciato alla volontà delle singole regioni di creare reti oncologiche e di stabilirne criteri.
Noi riteniamo che lo Stato e il Ministero della Salute debbano garantire, tramite direttive, uniformità e disciplina per tutti i centri di eccellenza. Non deve essere il cittadino ad impazzire nella ricerca di informazioni e soluzioni, ma spetta allo Stato creare un sistema di prevenzione e informazione corretta, tale da garantire una soluzione definitiva e senza controindicazioni.
Al momento, però, la situazione sembra totalmente diversa e gli italiani, alle prese con un servizio sanitario sempre più “ingolfato” e con disponibilità economiche sempre più ridotte, sempre più spesso sembrano sentirsi abbandonati a loro stessi. (Leggi qui per saperne di più)
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