Cancro della cervice, meglio il Pap test o l’analisi del Dna dell’Hpv?
Gli esperti della FDA statunitense sembrano non aver dubbi: meglio l'Hpv test già a partire dai 25 anni. Ma l'opinione dei medici è divisa
Gli esperti della Food and Drugs Administration (FDA) statunitense raccomandano all’unanimità l’uso di un particolare test per identificare il Dna del papillomavirus umano (Hpv), ritenuto la causa di oltre il 99% dei casi di cancro della cervice, in sostituzione al classico Pap test, fino ad oggi ritenuto la prima arma per la diagnosi precoce di questa forma tumorale.
Le donne hanno bisogno di un miglior accesso agli strumenti di screening che includano lo screening primario dell’Hpv per ridurre il rischio di sviluppare il cancro della cervice
ha commentato Thomas Wright Jr., esperto di ginecologia e patologia del Medical center della Columbia University.
Il fatto che la FDA stia pensando di fare cambiamenti di questo tipo significa che abbiamo fatto grandi passi in avanti nell’identificazione e nel trattamento del cancro della cervice
ha aggiunto Angela Marshall, direttore del Comprehensive Women’s Health di Silver Spring (Stati Uniti).
Accanto a questi e ad altri pareri favorevoli permane però anche qualche scetticismo da parte degli esperti.
L’uso combinato del Pap Test e dell’Hpv test è attualmente il metodo preferito per lo screening del cancro della cervice nelle donne al di sopra di 30 anni, per questo in genere i ginecologi utilizzano questa combinazione
ha spiegato David Chelmow, esperto del Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia del Medical Center della Virginia Commonwealth University.
L’uso dell’Hpv test come screening di prima linea è promettente, e sembra migliore rispetto all’uso esclusivo del Pap test. La vera domanda è quanto sia migliore rispetto all’uso combinato, fatto che non è chiaro.
Le caratteristiche dell’Hpv test
Il test cui fa riferimento la FDA è in grado di rilevare la presenza di 14 diversi ceppi di Hpv. Rispetto al Pap test, che prevede di effettuare un prelievo di cellule della cervice da analizzare al microscopio, questo test si basa sull’analisi del Dna raccolto attraverso un tampone cervicale.
Secondo i dati diffusi la scorsa settimana dall’azienda farmaceutica che lo ha messo a punto un’ampia sperimentazione clinica di questo test avrebbe dimostrato che circa 1 su 7 donne che ricevono un responso negativo dal Pap test sono, in realtà, positive per il ceppo 16 di Hpv, uno dei più comuni, e convivono con una malattia che non viene diagnosticata dal Pap test tradizionale.
Secondo l’azienda le donne che dovessero risultare positive per la presenza del ceppo 16 o del ceppo 18 – che insieme al 16 è l’altra variante più diffusa del virus – dovrebbero sottoporsi a un esame più invasivo, la colposcopia, mentre in caso di positività per altri ceppi sarebbe sufficiente proseguire le indagini con un tradizionale Pap test.
Le linee guida italiane
La proposta statunitense è quella di introdurre l’Hpv test come strumento primario per la prevenzione del cancro al collo dell’utero già a partire dai 25 anni.
In Italia il Pap test, noto anche come “striscio vaginale oncologico”, è lo strumento principale degli screening cervicali. I programmi di prevenzione, attivati o in via di attivazione nella maggior parte delle regioni, prevedono di sottoporsi a un Pap test ogni 3 anni nella fascia di età compresa tra i 25 e i 64 anni.
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