Sappiamo che viene diffusamente utilizzata come integratore in ambito sportivo, ma è vero che la carnitina fa male al fegato? Esistono, in sostanza, delle controindicazioni a riguardo che possono riguardare tale organo? Approfondiamo quali sono gli effetti della carnitina a livello epatico e se bisogna effettivamente preoccuparsi. Non prima di approfondire brevemente cos’è tale sostanza e quali sono le sue funzioni nel nostro organismo.
La carnitina è una molecola prodotta naturalmente dal corpo umano ed è coinvolta nel metabolismo degli acidi grassi. È presente principalmente nei muscoli scheletrici e nel tessuto adiposo, ma si trova anche in altri tessuti e organi. Svolge un ruolo chiave nel trasporto degli acidi grassi a lunga catena all’interno delle mitocondri, le “centrali energetiche” delle cellule, dove vengono convertiti in energia attraverso un processo chiamato beta-ossidazione.
Oltre questa, la carnitina ha anche altre implicazioni biologiche. Si ritiene che possa svolgere un ruolo nella riduzione dell’accumulo di lattato nei muscoli durante l’esercizio fisico, migliorando così la resistenza e la capacità di recupero. Inoltre, può agire come un antiossidante, proteggendo le cellule dai danni dei radicali liberi. Il Ministero della Salute l’ha inclusa nell’elenco “Altri nutrienti e altre sostanze ad effetto nutritivo o fisiologico“: secondo le indicazioni del Ministero stesso, la dose giornaliera massima di tale sostanza dovrebbe essere pari a 1000mg.
Per rispondere al quesito iniziale, se assunta nelle dosi consigliate, di solito la carnitina non rappresenta un rischio significativo per la salute del fegato. In generale, è ben tollerata dalla maggior parte delle persone e non sono stati segnalati effetti collaterali gravi associati al suo uso. Non solo: uno studio condotto in merito, ha dimostrato come la carnitina possa svolgere un ruolo chiave nel mantenimento della funzionalità epatica, grazie all’effetto che esercita sul metabolismo lipidico. L’importanza della L-carnitina per la salute del fegato sarebbe anche dimostrata dalla constatazione che i pazienti con carenza primaria di carnitina possono presentare una steatosi epatica. Infine, gli stessi studi suggeriscono che l’integrazione con L-carnitina può comportare un ulteriore beneficio per l’organo, quello di ridurre il grasso del fegato e gli enzimi epatici alanina aminotransferasi (ALT) e aspartato transaminasi (AST) nei pazienti con steatosi epatica non alcolica (NAFLD).
Tuttavia, è importante tenere presente che ogni individuo può reagire in modo diverso agli integratori, e che possono verificarsi rare eccezioni. In alcuni casi, infatti, l’assunzione di dosi eccessive di carnitina potrebbe comportare effetti indesiderati. Tra i più comuni legati all’iperdosaggio di carnitina si includono nausea, vomito, crampi addominali, diarrea e un odore corporeo che ricorda quello del pesce. Può anche causare debolezza muscolare nelle persone con uremia e convulsioni in quelle con disturbi convulsivi. I sintomi a carico dell’intestino sono il risultato dell’irritazione delle pareti dello stesso, e possono essere associati ad un’aumentata motilità gastrointestinale. In caso di preoccupazioni specifiche riguardo la salute epatica, è sempre consigliabile consultare un medico o un dietologo prima di iniziare l’assunzione di integratori di carnitina o di qualsiasi altra sostanza.
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