Celiachia in aumento: sempre di più i bambini colpiti
In 25 anni la crescita osservata è di 5 volte. Cosa c'è alla base di questo fenomeno?
Lo scorso anno le notizie parlavano di più di 135 mila casi diagnosticati, con un aumento del 10% all’anno nei 5 anni precedenti. Oggi torniamo a puntare i riflettori sulla celiachia per constatare nuovamente l’aumento della sua incidenza, aggiungendo un dettaglio: il numero dei casi cresce soprattutto fra i bambini. A svelarlo è uno studio pubblicato sul Journal of Pedriatic Gastroenterology and Nutrition da Carlo Catassi e Simona Gatti, ricercatori dell’Università Politecnica delle Marche (Ancona), insieme ad Alessio Fasano del Center for Celiac Research di Boston, secondo cui
l’incidenza della celiachia sta davvero aumentando e la malattia è oggi molto più comune in alcune aree rispetto a quanto rilevato in precedenza.
In particolare, in Europa e negli Stati Uniti è stata rilevata una frequenza media della malattia dell’1% circa, con un aumento di 5 volte in soli 25 anni. In paesi come la Finlandia e la Svezia si raggiungono picchi di prevalenza del 2 e del 3%, mentre in Germania il fenomeno è limitato a un ben più contenuto 0,2%.
I dati epidemiologici a disposizione della comunità scientifica tengono però conto solo del numero di pazienti celiaci diagnosticati clinicamente o rilevati tramite screening sierologici di un campione di popolazione ed escludono il cosiddetto “icerberg celiaco” di pazienti non diagnosticati
precisa Fasano.
Il rapporto tra casi diagnosticati e non diagnosticati infatti è ancora di 1:3-1:5 e per questo motivo sarebbe opportuno uno screening sempre più attento dei soggetti potenzialmente a rischio. Dovrebbero essere quindi sempre testati, i parenti di primo grado di pazienti celiaci, i soggetti colpiti da altre malattie autoimmuni, le persone con sindrome dell’intestino irritabile o con una sintomatologia che potrebbe suggerire la presenza di celiachia.
Per quanto riguarda i fattori che possono portare alla comparsa della celiachia nei bambini, gli autori citano dati secondo cui il rischio sarebbe significativamente inferiori nei piccoli che assumono poco glutine mentre sono ancora allattati al seno. Non solo, alcuni studi hanno suggerito il ruolo protettivo proprio dell’allattamento al seno. Inoltre sembrerebbe esistere una finestra di tolleranza – tra i 4 e i 6 mesi del piccolo – durante la quale l’introduzione del glutine nell’alimentazione sembra essere meno rischiosa. Tuttavia, molte di queste osservazioni sembrerebbero essere smentite da un recente studio condotto i Norvegia, che a sua volta presenterebbe però notevoli limitazioni.
Nulla, insomma, sembra essere chiaro, tranne che la scelta migliore per sapere quando introdurre il glutine nell’alimentazione del proprio bambino è affidarsi ai consigli di un esperto del settore.
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Via | ANSA
Foto | da Pinterest di Cocomama Foods