Benessereblog Salute Cervelli da jazz: magie dell’improvvisazione musicale

Cervelli da jazz: magie dell’improvvisazione musicale

La musica: summa perfetta di ferree regole quasi matematiche, note e pause, ma anche istinto, fantasia, spontaneità. Tutte caratteristiche che trovano nella musica jazz e, in particolare, nell’improvvisazione la loro più alta espressione.Uno studio scientifico condotto dal National Institute on Deafness and Other Communication Disorders (NIDCD) ha messo alla prova sei pianisti jazz, facendo loro […]

Cervelli da jazz: magie dell’improvvisazione musicale

La musica: summa perfetta di ferree regole quasi matematiche, note e pause, ma anche istinto, fantasia, spontaneità. Tutte caratteristiche che trovano nella musica jazz e, in particolare, nell’improvvisazione la loro più alta espressione.

Uno studio scientifico condotto dal National Institute on Deafness and Other Communication Disorders (NIDCD) ha messo alla prova sei pianisti jazz, facendo loro eseguire una scala, un’improvvisazione, un brano imparato a memoria ed un’altra improvvisazione. Grazie ad una risonanza magnetica è stata osservata la loro attività cerebrale durante le diverse fasi ed i risultati sono stati sorprendenti.

Durante l’improvvisazione, infatti, la corteccia prefrontale dorsolaterale (quella parte del cervello adibita al “controllo”, alla coscienza di sè) è risultata fortemente inibita, come se in quel momento i pianisti avessero effettivamente raggiunto uno stato alterato di coscienza. Al contrario, la corteccia mediale prefrontale, ovvero quella zona del cervello relativa alle emozioni, quella che, per esempio, viene attivata quando raccontiamo una storia, risulta particolarmente sollecitata.

Lo “spegnimento” della parte più razionale del cervello sembra quindi favorire il flusso di note dalle mani dei musicisti. Non solo: è stato riscontrato che, sempre nella fase dell’improvvisazione, tutte le aree sensoriali del cervello (dal tatto, alla vista, all’udito) venivano sollecitate maggiormente, anche se non vi era differenza in ciò che i musicisti vedevano, toccavano o ascoltavano rispetto a quando eseguivano brani imparati a memoria o scale musicali.

Nella fase creativa, quindi, non si può dire che vi sia una singola parte del nostro cervello che si mette in funzione: si tratta piuttosto di una sorta di reazione a catena che va a toccare le più disparate aree del cervello e ci permette di creare ed esprimerci improvvisando.

Via | Scientific Blogging

Foto | Flickr

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