Il caffè sembra non voler smettere di stupirci con le sue proprietà salutari. Dopo avervi parlato dei suoi benefici in termini di riduzione dello stress, di miglioramento della circolazione e chi più ne ha più ne metta, oggi dobbiamo esaltarne nuovamente le proprietà svelandovi che è sufficiente berne due tazze al giorno per ridurre del 66% il rischio di morire a causa di una cirrosi epatica non associata ad epatite virale. A dircelo è un gruppo internazionale di ricercatori che ha pubblicato sulle pagine della rivista Hepatology i risultati di uno studio che per la prima volta fa chiarezza su questa proprietà del caffè.
Infatti come ha spiegato Woon-Puay Koh, il ricercatore della Duke-NUS Graduate Medical School Singapore e della National University di Singapore che ha coordinato la ricerca,
dati precedenti suggeriscono che il caffè potrebbe ridurre il danno al fegato nei pazienti affetti da malattie epatiche croniche.
Tuttavia, i risultati di diverse ricerche condotte su popolazioni occidentali e asiatiche sono parsi fino ad oggi contrastanti.
Oggi Koh e colleghi hanno risolto il mistero affidandosi ai dati del Singapore Chinese Health Study, che ha raccolto informazioni su 63.275 cinesi residenti a Singapore di età compresa fra i 45 e i 74 anni, permettendo di studiare la loro alimentazione, il loro stile di vita e la loro storia medica. Fra i dati emersi dallo studio è incluso il fatto che l’assunzione di caffè è associata a un rischio inferiore di morire a causa della cirrosi associata all’epatite di origine non virale. Un esempio può essere quello della steatosi epatica non alcolica, una malattia cronica del fegato associata alla sindrome metabolica e agli stili di vita sedentari.
Nel caso dell’epatite B di origine virale non è invece stata rilevata nessuna correlazione tra il consumo di caffè e la mortalità a causa della cirrosi indotta dalla malattia.
Il nostro studio è il primo a dimostrare l’estistenza di una differenza tra gli effetti del caffè sulla mortalità della cirrosi non virale e della cirrosi associata all’epatite virale
ha conluso Koh
I nostri risultati suggeriscono che mentre i benefici del caffè possono essere meno evidenti nella popolazione asiatica laddove l’epatite B cronica di origine virale è attualmente predominante, il loro ruolo dovrebbe cambiare dal momento in cui l’incidenza della cirrosi associata all’epatite non virale è atteso aumentare in queste regioni insieme all’aumento della ricchezza e degli stili di vita occidentalizzati nelle fasce più giovani della loro popolazione.
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Via | EurekAlert!