Benessereblog Salute Controlla le protesi con la mente: così uomo senza braccia torna a muoverle

Controlla le protesi con la mente: così uomo senza braccia torna a muoverle

L'eccezionale risultato è frutto del lavoro del Laboratorio di Fisica Applicata dell'Università di Pittsburgh e non è nemmeno l'unica innovazione da togliere il fiato di cui si parla in questi giorni

Controlla le protesi con la mente: così uomo senza braccia torna a muoverle

Si chiama Les Baugh ed è il primo uomo senza braccia ad aver sperimentato l’uso simultaneo di due protesi controllabili con la mente. A renderlo possibile sono stati gli esperti del Laboratorio di Fisica Applicata della Johns Hopkins University (Laurel, Stati Uniti), che hanno messo a punto delle braccia artificiali elettricamente connesse ai nervi di chi le indossa.

Baugh si è visto amputar entrambe le braccia a livello delle spalle ormai 40 anni fa. Prima di poter indossare le protesi ha dovuto essere sottoposto a un intervento per reinnervare i muscoli che un tempo controllavano le sue braccia.

Riassegnando i nervi esistenti possiamo consentire alle persone che hanno subito amputazioni della parte superiore delle braccia di controllare le loro protesi semplicemente pensando all’azione che vogliono compiere

ha spiegato Albert Chi, chirurgo della Johns Hopkins. Insieme ai suoi colleghi e con la collaborazione di Baugh, chi ha identificato i singoli muscoli che si contraggono durante il movimento delle braccia, come comunicano tra di loro e il loro funzionamento. Le informazioni raccolte sono state tradotte nei movimenti di una protesi.

Una volta che il sistema per creare le connessioni nervose con le braccia artificiali è stato adattato a Baugh l’uomo ha potuto testare l’uso delle protesi.

Sono semplicemente piombato in un mondo totalmente differente

ha raccontato. Il sistema gli ha infatti permesso di muovere diversi oggetti coordinando fino a 8 movimenti distinti, il tutto con solo 10 giorni di esercizi.

Ci aspettavamo che superasse i risultati che avrebbe potuto ottenere con i sistemi convenzionali, ma la velocità alla quale ha imparato i movimenti e il numero di movimenti che è stato in grado di controllare in un periodo così breve ha di gran lunga superato le aspettative

ha raccontato Courtney Moran, esperta di protesi che ha lavorato con Baugh, secondo cui la vera sorpresa è stata però la capacità di controllare nello stesso tempo combinazioni di movimenti eseguiti con entrambe le braccia.

Penso che siamo solo all’inizio

ha aggiunto Michael McLoughlin, autore principale del progetto.

E’ come se fossimo nei primi giorni di Internet. C’è un incredibile potenziale di fronte a noi, e abbiamo appena iniziato a percorrere questa strada. E peso che i prossimi 5-10 anni porteranno con loro progressi fenomenali.

A confermare quanto si possa ancora fare nell’ambito delle protesi è anche un’altra recente notizia riguardante un braccio robotico messo a punto nello stesso laboratorio della Johns Hopkins. In uno studio pubblicato sul Journal of Neural Engineering gli esperti della Scuola di Medicina dell’Università di Pittsburgh (Stati uniti) sono infatti riusciti a utilizzare un’interfaccia cervello-computer per far controllare la protesi a una donna tetraplegica, che con il pensiero è riuscita a muovere la mano per afferrare diversi oggetti.

Il nostro progetto

ha spiegato Jennifer Collinger, responsabile della ricerca

ha dimostrato che possiamo interpretare segnali provenienti dai neuroni con un semplice algoritmo informatico per generare movimenti fluidi e sofisticati che permettono all’utilizzatore di interagire con l’ambiente.

E’ stata un’avventura fantastica, emozionante, selvaggia e sono molto contenta di averla affrontata

ha commentato Jan Scheuermann, la donna tetraplegica coinvolta dello studio dell’Università di Pittsburgh.

Questo studio ha arricchito la mia vita, mi ha dato nuovi amici e nuovi colleghi, mi ha aiutata a contribuire alla ricerca e mi ha tolto il fiato. Per il resto della mia vita ringrazierò Dio ogni giorno per avermi dato la possibilità di far parte di questo team.

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Via | Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory; University of Pittsburgh

La mano mossa da Jan Scheuermann all’Università di Pittsburgh

Foto | Journal of Neural Engineering/IOP Publishing

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