Perché il Coronavirus non deve fare paura: l’infettivologo risponde alle domande più comuni
Il Coronavirus non deve fare paura. Atteniamoci alle raccomandazioni degli esperti e continuiamo la nostra vita.
L’epidemia di Coronavirus, come è inevitabile, porta con se molte domande, a cui bisogna rispondere con serietà e precisione, per evitare tutta quella disinformazione che sta creando allarmismo e panico ingiustificati secondo gli stessi esperti.
Abbiamo intervistato il dottor Giuseppe Moschella, infettivologo di Cuneo (che potete anche trovare sulla piattaforma MioDottore, leader in Italia e nel mondo specializzata nella prenotazione online di visite mediche), per capire perché non dobbiamo avere paura del Coronavirus.
Cosa dobbiamo sapere del Coronavirus?
Si tratta di un virus “modificato” con elevata patogenicità il cui comportamento è simile a quello del virus dell’influenza: trasmissione per via aerea, tropismo elettivo per l’apparato respiratorio e in particolare per le cellule interstiziali del parenchima polmonare, elevato pleiomorfismo. Per fortuna la mortalità di chi viene infettato è bassa, intorno al 3%, e in genere questo 3% è costituito da soggetti anziani già defedati per altre patologie o soggetti con difese immunitarie già basse. La prevenzione quindi può essere fatta anche potenziando le difese immunitarie e ciò è favorito dall’assunzione di vitamine soprattutto del gruppo B, vitamina A e vitamina C con la dieta.
È in atto un’epidemia che può facilmente diffondersi a livello mondiale, creando una pandemia e siamo ancora nella fase iniziale della diffusione del virus che in Europa ha trovato una popolazione particolarmente recettiva. Ma non tutti coloro che vengono infettati, come nel caso dell’influenza, vanno necessariamente incontro a malattia polmonare. Le difese immunitarie di cui disponiamo sono in grado di difenderci anche da questo virus. Quindi nessun allarmismo perché nella maggioranza dei casi, anche se si viene infettati, si supera la malattia, così come avviene per il virus dell’influenza. Il rapporto tra numero di infettati e numero di morti è basso. La mortalità è del 3%.
Quali sono i comportamenti ai quali dovremmo fare attenzione?
Poiché non è possibile vivere in quarantena, è bene prendere coscienza delle modalità di trasmissione della malattia e attuare quelle misure “ordinarie” di prevenzione senza allarmismi. Il primo comportamento abituale che consiglio è il lavaggio frequente e accurato delle mani con soluzioni non solo detergenti, ma anche disinfettanti, come le soluzioni idro-alcoliche o i saponi antisettici disponibili in commercio. Ci si può abbracciare, baciare e stringere le mani tra soggetti senza alcun sintomo. Se incontriamo soggetti febbricitanti, con tosse, specialmente se di tipo secca e stizzosa, con gola arrossata e dolente, naso gocciolante e arrossamento delle congiuntive, dobbiamo evitare contatti ravvicinati e se necessario per il lavoro che si svolge, usare delle mascherine di protezione per non essere infettati dal possibile virus presente nelle particelle “di Flugge” cioè dalle bollicine di vapor acqueo in sospensione nell’aria che in genere vengono emesse con i colpi di tosse, la saliva e gli starnuti, che possono contenere i virus, ma solo nei casi e in cui il soggetto è infetto.
Se quanto descritto capitasse a noi è bene chiamare il numero verde 1500, auto-isolarsi in casa, sentire al telefono il proprio medico descrivendo i sintomi, in attesa di avere un esito del tampone faringeo. Il tampone faringeo e/o nasale può essere eseguito anche a domicilio dai servizi preposti e poi inviato per i test virologici nei laboratori specializzati e attrezzati con i Kit del Covir-19 per identificare la presenza di antigeni virali “neutralizzanti”.
Chi sono i soggetti a rischio?
Ogni infezione in genere e in particolare quelle virali, sono l’esito di una “battaglia” tra le caratteristiche dell’agente infettante e le difese dell’ospite. Le caratteristiche del variabili del virus sono: 1. La carica virale (cioè la quantità di virus che entra per via aerea nell’organismo). 2 La patogenicità (cioè la capacità di creare malattia) e nel caso del covir-19 sappiamo che questa patogenicità è maggiore di quella dei virus dell’influenza. 3) L’organo-tropismo (cioè la capacità di localizzarsi in cellule particolari di determinati organi, compromettendo importanti funzioni) nel caso del covir-19 sappiamo che le cellule danneggiate sono quelle polmonari da cui dipendono gli scambi tra ossigeno e anidride carbonica. Se questa funzione fondamentale per la vita umana viene compromessa si va incontro a insufficienza respiratoria acuta e alla morte.
Il nostro sistema immunocompetente è in grado di difenderci da questi attacchi. A livello dell’albero respiratorio abbiamo le cellule ciliate, che proprio con i colpetti di tosse cercano di espellere verso l’esterno il virus eventualmente presente nell’aria introdotta; abbiamo i linfociti in grado di riconoscere anche semplici proteine estranee al nostro organismo, quali sono le proteine codificate dal virus e formare specifici anticorpi neutralizzanti. Poi abbiamo i macrofagi in grado di eliminare quelle cellule che sono state infettate e danneggiate nella loro funzione. Solo se le difese sono basse e insufficienti si va incontro alla malattia. Diversamente si può solo diventare portatori “sani” cioè asintomatici del virus. Questa condizione non deve allarmare perché non necessariamente evolve verso la malattia. Quindi i soggetti a rischio sono coloro che hanno difese immunitarie basse, perché affetti da altre malattie broncopolmonari o perché anziani defedati. Sono più a rischio anche coloro che per motivi di lavoro sono a contatto con il pubblico in luoghi affollati e quindi hanno maggiore probabilità d’incontrarsi con soggetti portatori.
Cosa possiamo fare per proteggere i soggetti a rischio?
- Lavarsi le mani con elevata frequenza specialmente dopo essere venuti a contatto con soggetti portatori o sospetti di esserlo.
- Usare la mascherina per assistere soggetti già positivi o nel caso si sia particolarmente esposti a potenziali portatori del virus.
- Se compaiono sintomi specifici d’infezione (tosse, febbre, sudorazioni, congiuntivite, mal di gola ecc..) isolarsi a domicilio e richiedere di effettuare i test.
Perché in alcuni casi il primo tampone è positivo e il secondo è negativo?
Il tampone serve a prelevare materiale biologico in cui si sospetta la presenza del virus, in modo da poter “seminare” questo materiale su appositi terreni di coltura in laboratorio che permettono di isolare il virus e di identificarlo attraverso particolari reazioni biologiche osservabili al microscopio elettronico.
Un test negativo non sempre esclude con certezza la presenza del virus, specialmente dopo averlo già individuato con un test precedente risultato positivo. Questo esito può dipendere dalla sede del prelievo del materiale biologico o dalle difese immunitarie dell’ospite che tra il primo e il secondo prelievo hanno già messo in atto le capacità neutralizzanti contro il virus.
Ha senso comparare l’epidemia di coronavirus a quella della classica influenza stagionale?
Sotto il profilo epidemiologico sì perché le modalità delle vie di trasmissione sono le stesse. Come per l’epidemia influenzale anche in questo caso c’è da aspettarsi una curva caratterizzata da tre fasi: la prima che è quella che stiamo vivendo caratterizzata da un numero crescente di nuovi casi, con crescita esponenziale di positivi ai test, sia asintomatici che sintomatici, di nuovi casi di malati. In questa fase anche il numero dei deceduti può essere crescente.
La seconda fase “plateau” sarà quella caratterizzata da una progressiva decrescita numerica del numero dei nuovi casi e anche del numero dei morti con indici di stabilizzazione dell’infezione, e una terza fase, caratterizzata dall’aumento progressivo del numero dei guariti, non più infetti né infettanti.
C’è qualcosa che vuol dire ai nostri lettori?
Concludo raccomandando di evitare il panico e di seguire le indicazioni che vengono man mano disposte dal ministero della salute e dagli organi preposti alla sorveglianza sanitaria di questa emergenza per la salute pubblica.
Photo by Macau Photo Agency on Unsplash