Cosmetici, addio ai test sugli animali grazie alla pelle umana prodotta in laboratorio
Per la prima volta gli scienziati sono riusciti a produrre un'epidermide con le caratteristiche funzionali della pelle umana. Ecco come hanno fatto e quali orizzonti apre il loro lavoro
Dite pure addio ai test sugli animali: presto per sperimentare cosmetici e farmaci per trattare disturbi dermatologici potrebbe essere utilizzata pelle umana coltivata in laboratorio. A spalancare le porte a questa opportunità è uno studio pubblicato sulla rivista Stem Cell Reports dai ricercatori del King’s College di Londra e del San Francisco Veteran Affairs Medical Center (SFVAMC), che per la prima volta sono riusciti a mettere a punto la prima epidermide cresciuta in laboratorio caratterizzata da una barriera funzionalmente paragonabile a quella della pelle umana.
L’epidermide corrisponde allo strato più esterno della pelle e rappresenta un’interfaccia protettiva tra il corpo e l’ambiente esterno che oltre a contrastare la disidratazione impedisce a microbi e tossine di entrare liberamente nel corpo. Fino ad oggi nessun ricercatore era riuscito a riprodurre in laboratorio questa barriera funzionale, la cui presenza è indispensabile nel momento in cui si vogliono testare farmaci o altri prodotti pensati per entrare in contatto con la pelle. Gli autori di questo studio sono riusciti a ottenerla a partire da cellule staminali pluripotenti indotte umane (iPSC, induced pluripotent stem cells). Queste ultime possono ora essere utilizzate per produrre quantità illimitate di cheratinociti, le cellule più abbondanti nello strato più superficiale della pelle.
I cheratinociti ottenuti in questo modo sono molto simili a quelli ottenibili dalle cellule staminali embrionali umani e ai cheratinociti primari presenti nella pelle umana. I ricercatori li hanno utilizzati per produrre un’epidermide tridimensionale dotata della barriera funzionale indispensabile perché l’organismo non si disidrati e non assorba tutte le molecole chimiche, le tossine e i microbi con cui entra in contatto.
Gli scienziati hanno anche confrontato l’epidermide ottenuta dalle iPSC, quella ottenibile dalle cellule staminali embrionali e dai cheratinociti ottenuti da biopsie di pelle umana. Dalle analisi non è emersa nessuna differenza significativa con la pelle umana né in termini strutturali, né dal punto di vista funzionale.
Il nostro nuovo metodo può essere utilizzato per coltivare quantità maggiori di equivalenti dell’epidermide umana cresciuta in laboratorio e quindi può essere ampliato per testare a livello commerciale farmaci e cosmetici
spiega Dusko Ilic, a capo del gruppo di ricercatori che ha condotto lo studio al King’s College. In altre parole, questa pelle artificiale potrebbe presentare una valida alternativa alla sperimentazione animale.
Non solo, secondo Ilic
potrebbero essere prodotti gli equivalenti di epidermide umana rappresentanti diversi tipi di pelle, a seconda della fonte delle cellule staminali utilizzate, e quindi potrebbero essere messi a punto appositamente per studiare una serie di disturbi e sensibilità della pelle in diverse popolazioni.
Theodora Mauro, che ha coordinato lo studio al San Francisco Veteran Affairs Medical Center, ha però spiegato anche che
la capacità di ottenere un numero illimitato di unità geneticamente identiche può essere sfruttata per studiare una serie di disturbi in cui la barriera della pelle è difettosa a causa di mutazioni in geni coinvolti nello sviluppo della barriera della pelle, come le ittiosi (la pelle secca e squamosa) o la dermatite atopica.
Non solo, secondo l’esperta questa pelle artificiale può essere utilizzata come modello per studiare i meccanismi di sviluppo della barriera protettiva della pelle.
Via | King’s College London