Costo della pubblicazione di articoli pubblicitari falsi: richieste mensili raddoppiate

Almeno due volte al mese, la redazione de Fatto Alimentare riceve richieste da agenzie e privati che desiderano pubblicare articoli falsi o comunicazioni a pagamento. Questi testi, che lodano aziende, prodotti o servizi, vengono proposti in modo da sembrare articoli autentici, privi di indicazioni chiare riguardo alla loro natura pubblicitaria. Alcune di queste richieste provengono anche dall’estero, in particolare dal Regno Unito e da altri Paesi, e si distinguono per l’indicazione del compenso in sterline o dollari.

Nelle email inviate, chi richiede la pubblicazione di articoli a pagamento specifica sempre che non devono apparire diciture come “Promoredazionale”, “Inserzione” o “Pubblicità”. Questa prassi contrasta con il Codice deontologico dei giornalisti, che impone la necessità di differenziare le comunicazioni commerciali dagli articoli redazionali. La redazione del Fatto Alimentare ha sempre risposto negativamente a tali proposte, mantenendo una posizione chiara e netta.

Richieste di pubblicazione di articoli falsi

Una delle email ricevute in redazione proviene da una certa Giovanna R., che si presenta come operatrice di un’agenzia di comunicazione digitale attiva in Italia e in altri Paesi dell’Unione Europea. Nella sua comunicazione, Giovanna menziona di aver visitato il sito ilfattoalimentare.it e di avere clienti interessati a pubblicare articoli a pagamento. Propone di fornire il materiale direttamente, grazie alla presenza di una redazione interna.

Nel suo messaggio, Giovanna pone una serie di domande specifiche riguardo alla pubblicazione, tra cui il costo per articolo, la possibilità di inserire link dofollow, e se ci saranno indicazioni di tipo promozionale. Chiede anche se gli articoli e i link rimarranno in archivio indefinitamente e se ci sono argomenti da evitare. Inoltre, si informa sulla possibilità di pubblicare comunicati stampa e sull’eventuale sovrapprezzo per l’inserimento di più link.

La richiesta è un chiaro esempio di come la pratica delle “marchette” sia diffusa nel panorama informativo attuale. Le agenzie di comunicazione cercano di sfruttare la credibilità dei media per promuovere i propri clienti, cercando di mascherare la natura commerciale dei contenuti. La redazione del Fatto Alimentare continua a mantenere una posizione ferma contro tali pratiche, sottolineando l’importanza di un’informazione trasparente e onesta.

Published by
Lucia Rossi