Cotto e mangiato l’hamburger di staminali, bocciati sapore e consistenza
L'assenza di grassi lo rende molto meno gustoso rispetto alla vera carne, ma la stroncatura non è completa
Come preannunciato la scorsa settimana, il primo hamburger ottenuto in laboratorio a partire da cellule staminali bovine è stato cotto e mangiato alla presenza del suo ideatore, il ricercatore olandese Mark Post. Il test si è svolto in uno studio televisivo a Londra in presenza di due critici gastronomici, Josh Schonwland dagli Stati Uniti e Hanni Ruetzler dall’Austria. Uno il responso comune: è simile alla carne, ma non altrettanto succulento. A questo si è aggiunto un altro commento di Ruetzler:
La consistenza è perfetta ma me l’aspettavo più soffice.
Sono stati gli stessi critici a trovare una spiegazione a questi difetti, identificata con l’assenza di grasso. Infatti come aveva anticipato lo stesso Post questo hamburger è un vero e proprio concentrato di fibre muscolari. Per produrlo ne sono state necessarie 20 mila, ottenute una ad una a partire da cellule staminali coltivate, in totale, per 3 mesi. All’impasto di carne pura sono stati poi aggiunti succo di barbabietola rossa, zafferano, sale, uova in polvere e pane grattugiato.
Il sapore non ha soddisfatto pienamente gli assaggiatori e in effetti lo stesso Post ha spiegato che il gusto è l’aspetto più complicato cui mettere mano. Certo, il ricercatore olandese e i suoi collaboratori avranno molto tempo a disposizione per lavorarci sopra. Infatti Post prevede che saranno necessari dai 10 ai 20 anni per perfezionare l’hamburger, il cui processo di produzione deve fare i conti con un altro aspetto assolutamente non trascurabile: il costo.
Attualmente, infatti, produrre l’hamburger così come è stato cucinato in diretta tv richiede un investimento di 250 mila sterline (circa 290 mila euro), un costo che attualmente si è sobbarcato in gran parte Sergey Brin, co-fondatore di Google, ma che in futuro dovrà assolutamente essere ridotto, soprattutto se lo scopo è produrre più carne in risposta alla crescente domanda di proteine animali nei Pesi in Via di Sviluppo senza aumentare l’impatto degli allevamenti sul già precario stato di salute del pianeta.