Covid variante inglese: in Italia è la più dominante
Covid, la variante inglese in Italia è indubbiamente la più frequente: ecco cosa emerge dal nuovo rapporto del Ministero della Salute
In Italia sembra essere ormai dominante la cosiddetta “variante inglese” del Covid 19. Questo è ciò che è emerso da un nuovo rapporto in merito alla diffusione del Coronavirus in Italia, realizzato dal Ministero della Salute in collaborazione con i laboratori regionali e la Fondazione Bruno Kessler. Il quadro illustrato dagli esperti conferma ancora una volta la necessità di prestare massima attenzione alle regole anti contagio.
Secondo il report aggiornato al 18 Marzo, nel nostro Paese a dominare sarebbe infatti la variante inglese del Covid, che interesserebbe quasi il 90% dei contagi (86,7%). Per quanto riguarda la variante brasiliana, si registra invece una prevalenza del 4,0%. Ancor più basse le cifre per la variante Sudafricana del Covid (0,1%) e quella Nigeriana (0,6%).
Purtroppo, a rendere più complessa e difficile da gestire la situazione in Italia è la campagna vaccinale che, pur essendo “partita” già da alcuni mesi, non ha ancora raggiunto delle coperture adeguate per limitare la diffusione del virus.
Covid, la variante inglese in Italia è quella più diffusa
La diffusione di varianti a maggiore trasmissibilità può avere un impatto rilevante se non vengono adottate misure di mitigazione adeguate. Mentre la variante inglese è ormai ampiamente predominante, particolare attenzione va riservata alla variante brasiliana anche a causa di un possibile parziale immune escape,
spiegano i membri dell’ISS. Alle loro parole si aggiungono quelle di Pierangelo Clerici, presidente dell’Associazione microbiologi clinici italiana. L’esperto spiega che attualmente la variante Covid che desta maggiore preoccupazione è senza dubbio quella inglese, seguita dalla variante sudafricana e da quella brasiliana. Di fronte a queste tre mutazioni, i vaccini sembrerebbero avere infatti una minore efficacia.
Tuttavia – spiegano gli esperti – ci troviamo ancora in una fase iniziale della “vaccinazione di massa a livello globale“. Saranno quindi necessari tempi più lunghi (si parla di almeno sei mesi) prima di poter trarre delle conclusioni più chiare.