Demenza: identificati nuovi fattori di rischio modificabili
Un nuovo studio rivela l’esistenza di un fattore di rischio modificabile per malattie come demenza e Alzheimer.
Un nuovo studio condotto dai membri dell’Università di Pittsburgh rivela l’esistenza di un fattore di rischio di demenza che potrebbe essere modificabile anche in età avanzata. Per il loro studio, gli esperti hanno analizzato l’associazione tra rigidità arteriosa e demenza in un campione di 356 anziani, con un’età media di 78 anni. I partecipanti sono stati seguiti per un periodo di oltre 15 anni, e non soffrivano di demenza all’inizio dello studio, nel 1998.
Durante il periodo di follow up, il team di ricerca ha testato la rigidità aortica ed effettuato scansioni MRI del cervello dei volontari per misurare i segni di malattia subclinica cerebrale.
Il risultato principale emerso dallo studio, pubblicato sul Journal of Alzheimer’s Disease, è che la rigidità arteriosa è un fattore utile per predire chi svilupperà la demenza. Poiché la rigidità arteriosa può essere ridotta da farmaci antipertensivi e probabilmente anche da interventi sullo stile di vita, questi risultati suggeriscono che i pazienti a rischio potrebbero prevenire o ritardare l’insorgenza della malattia.
Sebbene la rigidità arteriosa sia associata a marcatori di decadimento cognitivo silente o subclinico, fino ad ora, non era chiaro se fosse associata anche al rischio di demenza.
Il nuovo studio conferma adesso l’esistenza di questa associazione, e tutto ciò è senz’altro promettente, perché non esistono prove che sia possibile invertire la demenza, mentre l’irrigidimento delle arterie può essere ridotto grazie ai farmaci antipertensivi, e forse anche a cambiamenti dello stile di vita, come lo svolgimento di esercizio fisico e seguire una dieta sana.
La cosa interessante da considerare è che la forte associazione tra rigidità arteriosa e demenza in età avanzata suggerisce che anche a 70 o 80 anni potremmo ancora essere in grado di ritardare o prevenire l’insorgenza della demenza.
via | ScienceDaily
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