Diabete, l’allarme degli esperti: “l’Aifa ritiri la fenformina”
Negli Stati Uniti non viene più utilizzata da 30 anni a causa dei gravissimi effetti collaterali, ma in Italia continua ad essere favorita rispetto a farmaci più sicuri. E i diabetologi chiedono spiegazioni
E’ polemica al congresso dell’European Association for the Study of Diabetes di Barcellona. A sollevarla sono gli esperti di diabete italiani, che chiedono all’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, di ritirare dal prontuario medico la fenformina e di agevolare la diffusione dell’uso delle incretine, farmaci dagli effetti collaterali molto più limitati.
A preoccupare gli esperti sono proprio gli effetti collaterali della fenformina, un farmaco la cui assunzione può addirittura risultare letale e che dagli anni ’80 è stato ritirato da diversi Paesi, partendo dagli Stati Uniti. In Italia, invece, continua ad essere utilizzato, probabilmente da pazienti cui è stato prescritto anni fa, mentre l’uso delle incretine continua a rimanere limitato. Una scelta, osservano gli esperti, in totale controtendenza rispetto a ciò che sta succedendo a livello internazionale.
Si tratta di vera e propria inappropriatezza terapeutica e certamente nessun centro specialistico oggi prescrive questo farmaco e non lo fa da almeno 30 anni
osserva Salvatore Caputo, diabetologo e presidente di Diabete Italia onlus.
Mi chiedo perché l’Aifa, che è il nostro ente regolatore, non lo elimini dal prontuario. Non possiamo prendercela con qualche medico non aggiornato che prescrive fenformina, ma con chi non l’ha bandita finora. E anche la cloropropamide, che si usava in associazione, si sa da 15 anni che è un farmaco che provoca innalzamenti di pressione.
I sospetti potrebbero ricadere sulla necessità di ridurre i costi della sanità pubblica. Le incretine, infatti, non possono di certo essere definite una soluzione economica. Gli esperti non sono però pronti ad accettare una giustificazione di questo tipo.
Per il diabete spendiamo 12 miliardi di euro annui l’11% della spesa sanitaria
spiega Enzo Bonora, presidente della Società Italiana Diabete (Sid).
Ma il 95% di questo importo colossale non è legato ai farmaci, che incidono dal 5 al 7%, le incretine dell’1%, ma ai ricoveri per le complicanze, che sono tante perché il diabete aumenta il rischio di ammalarsi di qualsiasi altra patologia.
Per ora la questione rimane aperta. Resta il fatto che probabilmente i pazienti che stanno assumendo ancora la fenformina lo fanno ormai da più di 20 anni e che i rischi associati al suo utilizzo continuano ad essere elevati