Dieta, scoperto il gene che fa ingrassare “a mela”
Fa accumulare il grasso sulla pancia, aumentando i rischi per la salute. Ecco come è stato scoperto
Si dice che gli uomini tendano ad ingrassare “a mela”, mentre nelle donne sarebbe più frequente il fisico “a pera”, quello in cui il grasso in più si accumula a livello dei fianchi e delle cosce. Oggi, però, un nuovo studio svela che a fare la differenza non è solo il sesso e che anche un gene potrebbe giocare un ruolo determinante. Se ingrassate sulla pancia, insomma, potrebbe essere colpa del vostro DNA.
Gli autori del nuovo studio, pubblicato sulla rivista Pnas, lo hanno scoperto in studi condotti su un piccolo pesce spesso utilizzato come organismo modello, Zebrafish. Completamente trasparente, l’animaletto ha permesso ai ricercatori di osservare la distribuzione e l’aspetto del tessuto adiposo in assenza del gene Plexin D1, già noto per il suo coinvolgimento nella formazione dei vasi sanguigni e già in passato associato alla determinazione del rapporto tra girovita e fianchi. E’ stato così scoperto che i pesci che non possiedono questo gene accumulano meno grasso a livello addominale, e che quello presente è formato da cellule più numerose ma più piccole.
Quest’ultima caratteristica è tipicamente associata a un tipo di grasso meno associato al rischio di andare incontro alla resistenza all’insulina e alle sue conseguenze (in particolare il diabete e i problemi cardiovascolari). Il grasso addominale tipico dei fisici “a mela”, che si insinua fra gli organi interni aumentando l’infiammazione dei tessuti, è invece associato proprio a un maggior rischio di problemi metabolici e cardiovascolari.
Lo studio ha effettivamente svelato anche che in assenza di Plexin D1 Zebrafish controlla meglio i livelli di zuccheri nel sangue ed è meno predisposto a sviluppare la resistenza all’insulina. Infine, le differenze tra gli animali con Plexin D1 e quelli che ne sono privi sono amplificate da un’alimentazione ricca di grassi.
Questo lavoro identifica una nuova via molecolare che stabilisce com viene immagazzinato il grasso nell’organismo e, di conseguenza, come influenza la salute metabolica generale
spiega John Rawls, docente di genetica molecolare e microbiologia alla Scuola di Medicina della Duke University (Durham, Stati Uniti) e responsabile dello studio.
I componenti di questa via possono diventare bersagli potenziali per far fronte ai pericoli associati con l’accumulo di grasso viscerale.
Ad aumentare questa speranza c’è anche il fatto che i livelli di Plexin D1 sono più elevati in chi soffre di diabete di tipo 2. I presupposti perché questo gene possa diventare il bersaglio di terapie che aiutino a non dover fare i conti con le conseguenze di un fisico “a mela” sembrano insomma esserci tutti.
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Via | EurekAlert!
Foto| via Pinterest