Farmaci equivalenti, perché convengono a pazienti e Servizio sanitario nazionale
Ancora sottoutilizzati e spesso anche visti con sospetto, i farmaci equivalenti in realtà rappresentano un modo efficace per risparmiare sulle spese sanitarie sia a livello privato che pubblico
I farmaci equivalenti, o generici, sono medicinali privi di brevetto, che quindi le case farmaceutiche possono mettere in commercio liberamente, a prezzi inferiori, usando la stessa ricetta originale (ovvero la concentrazione del principio attivo) con minime differenze.
Per legge il “gap” tra l’equivalente e l’omologo di marca in termini di differenze non deve superare il 20%, intendendosi possibili variazioni nei tempi di assorbimento del farmaco e di concentrazione massima.
Ogni generico viene controllato dall’Agenzia europea e italiana del Farmaco prima di essere commercializzato, perché ne va testata la bioequivalenza. Solo con queste caratteristiche il medicinale viene considerato sicuro ed efficace come quello di marca. Detto questo, però, ancora si registra una notevole differenza tra la prescrizione del farmaco griffato e quella dell’equivalente da parte dei medici, e anche da parte delle Asl.
Considerando che acquistare i generici potrebbe rappresentare un notevole sollievo non solo per le case dello Stato, ma anche per quelle dei privati (ovvero di tutti noi consumatori di farmaci), per quale ragione esistono ancora tutte queste resistenze?
Un’indagine condotta dalla Doxa per conto della Teva, azienda farmaceutica con sede anche in Italia, a proposito di sostenibilità del Sistema sanitario nazionale e riduzione degli sprechi, ha evidenziato quali sono le “pecche” maggiori nella percezione comune di addetti ai lavoro (medici e farmacisti) e utenti.
A gravare sulle casse della pubblica sanità sono soprattutto gli sprechi legati alla corruzione e alla disonestà di dirigenti e politici, ma esistono anche “zone di luce”. Tra gli aspetti positivi c’è l’uso dei farmaci equivalenti, su cui, però esiste una grande disinformazione, a sua volta causa di ingiustificato scetticismo anche da parte di medici.
Le aziende che producono i medicinali generici hanno fatto risparmiare allo Stato italiano 1,5 miliardi di euro ogni sei anni, che potrebbero diventare molti di più. Tale risparmio si riverbera positivamente sulla qualità dei servizi al cittadino, ma se ci fosse un’informazione più corretta a capillare a proposito dei vantaggi degli equivalenti anche nelle cure private, il risparmio sarebbe davvero consistente per tutti, ad ogni livello.
Ricapitolando, e considerando che siamo in tempi di crisi economica profonda, che le risorse dello Stato sono poche, e che una delle voci di spesa pubblica maggiore è rivestita proprio dalla sanità, appare urgente promuovere una politica che non solo incentivi il ricorso alla farmacologia equivalente soprattutto nelle strutture pubbliche in ottemperanza alle indicazioni di spending review, ma che pubblicizzi questa scelta virtuosa anche presso l’opinione pubblica in generale.
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Foto| via Pinterest
Fonte|quotidiano.net