Fase 2, riparte anche la fecondazione assistita con regole per la sicurezza
Superata l'emergenza Coronavirus, con la Fase 2 ripartono anche le cure per la fecondazione assistita.
In questi mesi di lockdown tutto si è fermato e sono state interrotte anche le terapie per la fecondazione assistita. Chi ricorre alla fecondazione assistita desidera avere un bambino e si avvia ad un percorso complesso da tutti i punti di vista: fisicamente, emotivamente e anche finanziariamente. Vedersi annullare i trattamenti, gli appuntamenti e tutto l’iter è molto dura perché al di la del Covid-19, non sono decisioni che si prendono a cuor leggero. Il Centro Nazionale Trapianti e del Registro Procreazione medicalmente assistita dell’Istituto Superiore di Sanità ha dato il via libera alla ripresa delle terapie, con un nuovo protocollo di sicurezza per salvaguardare la salute delle coppie, dei medici e degli operatori sanitari.
Adesso che l’emergenza Coronavirus è più contenuta e si sta gradualmente tornando alla normalità, possono riprendere a lavorare anche i centri per la fecondazione assistita. Ogni mese sono circa 7-8 mila coppie che si fanno aiutare per mettere al mondo un bambino e in media, nel 30% dei casi la donna ha già più di 40 anni e quindi non c’è tempo da perdere. È proprio il tempo perso, quello che resta e la lunghezza dei controlli e dei trattamenti a rendere tutto più difficile.
Per riprendere le cure in sicurezza sono state studiate delle nuove regole che prevedono la riorganizzazione degli spazi e delle attività. Sono stati stabiliti tre triage successivi, dei check-point per verificare lo stato di salute di tutte le persone coinvolte. Il primo step si fa in teleconsulto per verificare lo stato di salute dei pazienti e lo stesso si fa per chi invece nei centri di lavora.
Se uno dei due partner mostra dei sintomi si procede con i test sierologici e in caso di diagnosi di Covid-19 il prelievo di ovociti o il transfer di embrioni congelati vengono rimandati a data da destinarsi. Tutti i pazienti positivi e sintomatici con diagnosi Covid-19 vengono esclusi da qualsiasi trattamento, e lo stesso vale per medici, infermieri, operatori e impiegati.
Le coppie che hanno completato la fase di stimolazione, vanno sottoposte a un ulteriore check-point prima di procedere con il prelievo di ovociti e con il transfer degli embrioni.
Via | vanityfair