Fertilità, boom di integratori per la salute maschile
Sono sempre più diffusi gli integratori per stimolare la fertilità, della donna ma anche dell’uomo.
Sono sempre più numerosi e più venduti gli integratori per la fertilità. Su 10 milioni di confezioni di integratori venduti nel 2017, 2 milioni era per problemi legati alla fertilità. È un mercato in piena espansione quello degli integratori della salute maschile. I soli integratori pro-bebè, secondo una recente indagine di QuintilesIms Italia, si collocano al quinto posto fra i più venduti per una spesa di oltre 25 milioni di euro negli ultimi 5 anni, pari al 7,2% del mercato totale degli integratori.
“Gli uomini con problemi di infertilità sono circa un milione ma nel 40% di questi non c’è un motivo organico preciso per la sterilità. Anni di pratica clinica e i più recenti studi che hanno testato i supplementi per dosi e durata di somministrazione specifiche hanno dimostrato che gli integratori a base di antiossidanti come ad esempio coenzima Q10 e licopene o minerali come ad esempio lo zinco, possono essere molto efficaci nel 10% dei casi perché aumentano la motilità degli spermatozoi e diminuiscono la frammentazione del Dna, contribuendo a risolvere molti casi per i quali non avremmo altre opzioni terapeutiche”.
Ha spiegato Alessandro Palmieri, presidente Sia. I dati sono stati presentati durante il primo Congresso nazionale natura ambiente alimentazione uomo (Nau) della Società italiana di andrologia (Sia) che si è appena concluso a Frascati, dove si è discusso sul ruolo e l’efficacia degli integratori per la salute sessuale e riproduttiva della coppia e per il trattamento di alcune patologie uro-andrologiche.
“Gli integratori non sono più un fenomeno da baraccone e siamo in una fase di maggior indirizzo scientifico. Devono però essere prescritti dall’andrologo perché non tutte le infertilità sono uguali e deve essere individuato il tipo di prodotto giusto per ciascun paziente, con le giuste modalità di utilizzo, in modo che la dose corretta, non sia troppo bassa e quindi inefficace ma neppure troppo alta e quindi a rischio di effetti collaterali”.