Giornata Mondiale della Balbuzie 2018: 1 milione di italiani sottovalutano il disturbo
Oggi, 22 Ottobre 2018, si celebra la Giornata Internazionale per la Sensibilizzazione alla Balbuzie. Conosciamo meglio questa condizione.
Oggi, 22 Ottobre 2018, si celebra la Giornata Internazionale per la Sensibilizzazione alla Balbuzie, una condizione che può avere un profondo impatto sulla vita di chi ne soffre. La balbuzie è un disturbo che interessa 1 milione di italiani, con un’incidenza dell’8%. A spiegarlo è la neuropsicologa Valentina Letorio, la quale aggiunge che questa giornata è stata istituita non solo per far conoscere meglio questa condizione, ma anche per aiutare coloro che ne soffrono a migliorare la qualità della loro vita.
Esistono diverse definizioni di balbuzie, che si basano perlopiù sui sintomi del disturbo, come arresti, ripetizioni e prolungamenti di un suono mentre si parla. Questo problema può indurre chi ne soffre a isolarsi rispetto al resto del mondo. I bambini balbuzienti vengono spesso ridicolizzati e bullizzati, e anche durante la vita adulta le frustrazioni non mancano.
Ad oggi
spiegano gli esperti
le teorie neuroscientifiche più recenti suggeriscono che alla base della balbuzie vi sia un malfunzionamento nel meccanismo di controllo motorio del linguaggio. Quando una persona parla esercita parallelamente un controllo costante di ciò che dice per valutarne la correttezza in termini di programmazione e produzione del suono; se percepisce un errore, si interrompe in modo da cercare di produrre nuovamente la parola o la frase in maniera corretta.
Purtroppo non sono ancora chiare le esatte cause di questo problema, ma in Italia esistono essenzialmente due principali scuole di pensiero: la prima è quella che considera la balbuzie come una conseguenza di un trauma infantile o di uno stato emotivo alterato, quindi per risolvere questo problema si richiede una terapia volta a risolvere il trauma a livello psicologico, mentre la seconda scuola di pensiero è volta a superare i sintomi della balbuzie mediante tecniche di compensazione e sostitutive, basate sul principio del canto.
Una tempestiva diagnosi per questo tipo di disturbo è certamente difficile. Normalmente la balbuzie esordisce tra i 2 e 3 anni e, nell’88% dei casi, regredisce in modo spontaneo entro i 6 anni.
La balbuzie non viene spesso percepita dai genitori come problema che possa essere portato all’attenzione del pediatra. Il pediatra di famiglia ha gli strumenti per far emergere questo problema e per intraprendere l’iter di approfondimento diagnostico e terapeutico. Si tratta
spiega Rinaldo Missaglia, pediatra e segretario nazionale SiMPeF, Sindacato Medici Pediatri di Famiglia
delle cosiddette visite ad età filtro ricomprese nel programma “progetto salute infanzia”, caposaldo del sistema dell’assistenza pediatrica territoriale. Ad oggi, purtroppo esiste un vuoto assistenziale per questo disturbo. Davanti a un bambino che balbetta, il nostro primo riferimento è la neuropsichiatria infantile e la logopedia. Una prima difficoltà assistenziale sono le lunghe liste d’attesa per l’accesso agli specialisti sia per un approfondimento diagnostico sia per il successivo intervento terapeutico. Perché la figura del pediatra di famiglia possa diventare un importante punto di riferimento anche per questo disturbo,
conclude l’esperto
è necessario che i pediatri stessi siano aggiornati e sensibilizzati su questo disturbo e sul modo in cui possa essere affrontato.