Grassi contro il diabete: la prevenzione passa dai formaggi?
Uno studio svela l'impensabile: alcuni grassi saturi potrebbero addirittura proteggere dalla resistenza all'insulina. Meglio, però, tenere a freno gli entusiasmi e non buttarsi direttamente sul vassoio dei formaggi. Ecco perché
Quando si parla di grassi gli esperti di alimentazione ricordano sempre quanto sia importante fare attenzione non solo alla quantità, ma anche al tipo di molecole portate nel piatto. Non tutti i grassi, infatti, sono uguali e contrariamente alla generalizzazione comune che li vede come nemici di linea e salute alcuni nascondono addirittura proprietà benefiche. Non solo, nel caso di alcune patologie anche alcuni grassi saturi, in genere additati come poco salutari, possono in realtà proteggere l’organismo. E’ questo ciò che un gruppo di ricercatori dell’Università di Cambridge ha scoperto a proposito del diabete di tipo 2, il cui rischio potrebbe essere ridotto dal consumo di alcuni cibi ricchi di grassi saturi, come i formaggi.
I ricercatori sono arrivati a questa ipotesi al termine di uno studio ora pubblicato su Lancet Diabetes and Endocrinology. In particolare, analizzando il sangue di oltre 12 mila pazienti con diabete di tipo 2 in un campione di più di 340 mila individui provenienti da 8 Paesi europei differenti gli scienziati hanno quantificato 9 diversi tipi di acidi grassi, scoprendo che mentre quelli contenenti un numero pari di atomi di carbonio (14, 16 o 18) sono associati a un maggior rischio di sviluppare la malattia, mentre quelli con un numero dispari di atomi di carbonio (15 o 17) sono associati a un minori rischio di diabete.
I nostri risultati
ha spiegato Nita Forouhi, primo nome dello studio
forniscono forti prove che gli acidi grassi saturi non sono tutti uguali. La sfida cui ci troviamo davanti ora è scoprire a quali fra i diversi cibi che mangiamo corrispondono a questi acidi grassi nel sangue.
Le conseguenze della scoperta
Gli acidi grassi saturi sono presenti in alimenti molto diversi – carne rossa, pollame, carni processate, yogurt, latte, burro, oli vegetali e frutta secca, ma anche altri – che contengono molti altri componenti che possono modificare il loro effetto globale sulla salute
spiega in un commento associato alla pubblicazione Dariush Mozaffarian, esperto della Friedman School of Nutrition Science and Policy della Tufts University di Boston.
Mozzafarian sottolinea che lo studio di Forouhi e colleghi ha confermato la stretta correlazione tra acidi grassi saturi a catena dispari e latticini. Gli acidi grassi saturi a catena pari sono invece stati associati più strettamente a cibi e bevande come patate, alcolici e bibite analcoliche piuttosto che a fonti alimentari come la carne, il burro o il formaggio. Ma cosa significa tutto ciò in termini pratici?
Questi risultati si aggiungono alle sempre più numerose prove del fatto che i grassi nei latticini possono ridurre la resistenza all’insulina e il diabete di tipo 2
spiega Mozzafarian, aggiungendo che questi benefici
potrebbero essere maggiori nel caso del formaggio e dello yogurt.
Tuttavia, l’esperto sottolinea l’esigenza di condurre nuovi studi per verificare se gli acidi grassi a catena dispari esercitano benefici diretti o se sono invece semplicemente associati ad altri fattori associati ai latticini, come i probiotici.
Qualunque sia il meccanismo
precisa Mozzafarian
questi risultati rappresentano un’ulteriore sfida per le linee guida alimentari predominanti, che raccomandano il consumo di latticini a basso contenuto di grassi sulla base dei supposti benefici del calcio per le ossa e i teorici pericoli del contenuto totale di grassi saturi.
Gli stessi autori dello studio sottolineano che è ancora presto per elaborare consigli nutrizionali sulla base di questi risultati. Piuttosto, come sottolinea David Lomas, esperto del Medical Research Council britannico,
questa ricerca ha messo a disposizione prove convincenti, da analizzare più approfonditamente, del contributo dato da singole componenti del grasso alla salute e alle malattie.
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Via | University of Cambridge; The Lancet Diabetes and Endocrinology