HIV, è di nuovo allarme: italiani poco attenti alla trasmissione del virus
Il numero di nuove diagnosi sembra stabilizzato, ma l'infezione viene scoperta sempre più spesso troppo tardi. Abbiamo forse abbassato la guardia?
L’attenzione degli italiani nei confronti della trasmissione dell’HIV è diminuita in modo preoccupante. A lanciare l’allarme è Massimo Andreoni, presidente della Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali, che in occasione dell’apertura dei lavori della VI edizione di ICAR, l’Italian Conference on AIDS and Retrovirus che animerà da oggi fino a martedì 27 maggio lo Sheraton Conference Center di Roma, presenta gli ultimi dati a disposizione sulla diffusione dell’infezione nella Regione della Capitale.
Il Lazio rappresenta una delle regioni maggiormente colpite con una incidenza di nuovi casi di infezione di HIV pari a 8,8 casi per 100.000 persone residenti
sottolinea l’esperto, aggiungendo che in questa Regione sono stati segnalati circa 10 mila casi di AIDS.
La situazione non appare rassicurante nemmeno a livello nazionale, dove il numero di persone sieropositive è stimato intorno alle 150 mila. Se, infatti, nel 2012 il 14,5% delle nuove diagnosi segnalate provenivano dal Lazio, ben il 27,6% sono arrivate dalla Lombardia e il 10,4% dall’Emilia Romagna. E anche se il numero di nuovi casi di infezione da HIV si è stabilizzato attorno ai 4 mila all’anno, l’età alla diagnosi è sempre più elevata, con una mediana di 38 anni per gli uomini e di 36 per le donne, e, soprattutto, avviene sempre più spesso troppo tardi, quando l’infezione ha già danneggiato gravemente il sistema immunitario.
La sensazione che si percepisce
spiega Andreoni
è che la nuove possibilità terapeutiche che rendono oggi questa malattia controllabile nella maggior parte dei casi e un ridotto interesse da parte dei media abbia determinato una perdita di attenzione da parte della popolazione alla trasmissione di questa malattia.
Per questo l’esperto ricorda innanzitutto che i farmaci oggi a disposizione sono “estremamente efficaci ma non in grado di eradicare l’infezione”. In altre parole, l’infezione deve essere ancora considerata cronica e il trattamento deve durare tutta la vita.
Come se non bastasse, gli specialisti temono che le denunce di infezione siano inferiori rispetto ai casi effettivi.
Al di là dei numeri
aggiunge Carlo Federico Perno, docente di Virologia all’Università di Roma “Tor Vergata” e direttore Scuola di Specializzazione in Microbiologia e Virologia
ciò che ci colpisce sono le nuove popolazioni: aumentano le infezioni per i giovani omosessuali, che pensavamo protetti dalle campagne d’informazione. Inoltre l’Italia è tra i fanalini di coda in Europa come tempo della diagnosi: è troppo tardiva, in fase avanzata, e questo significa minori chance di tornare alla normalità anche con una terapia antivirale efficace, nonché maggiori chance di contagio di altre persone nel lungo periodo che intercorre tra l’infezione e la diagnosi (tardiva). La colpa è, purtroppo, semplice: la totale assenza della percezione della malattia e la completa incoscienza di fronte alla gravità della stessa.
I passi da compiere sono quindi ancora nel campo della prevenzione. Per questo in occasione dell’inizio della conferenza oggi, domenica 25 maggio, dalle ore 15 alle 18 in Piazza di Spagna a Roma, sarà possibile effettuare gratuitamente il test dell’HIV e ricevere informazioni sulla malattia e sulle corrette regole della prevenzione.
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Via | Comunicato stampa