
Illustration of people different nationalities going on a Earth.Picture created with watercolors
Un migrante su due con l’Hiv non è stato contagiato nel proprio Paese d’origine, ma una volta partito verso l’Europa. A causare tali contagi sono gli abusi sessuali, lo sfruttamento della prostituzione e le condizioni di vita terribili a cui sono costretti una volta che queste persone giungono in Europa. A renderlo noto sono gli esperti che si sono recentemente riuniti in occasione del 31/mo Convegno Nazionale di Anlaids Onlus.
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L’incontro si è tenuto a Genova in vista della Giornata Mondiale sull’Aids, che si terrà domani, 1 Dicembre 2018.
Secondo quanto emerge dal Piano Nazionale Aids 2017-19, il problema dell’HIV è maggiore fra gli immigrati, rispetto che fra gli italiani, con un’incidenza di nuove diagnosi di infezione 4 volte più alta tra i migranti, incidenza che riguarda soprattutto le donne, che sono purtroppo spesso vittime di torture e abusi, soprattutto durante la loro permanenza in Libia.
Gli esperti spiegano dunque che il contagio avviene, almeno nella metà dei casi, dopo la migrazione, ovvero quando i migranti giungono nel nostro continente, ed a confermarlo è anche lo studio condotto nel progetto aMASE (advancing Migrant Access to health Services in Europe), che ha esaminato 57 strutture per il trattamento dell’Hiv di 9 paesi europei, prendendo in esame un campione di oltre 2200 migranti con Hiv.
Dallo studio è emerso che il 50% dei migranti con Hiv che vive in Europa è stato infettato nel nostro continente, con un allarmante tasso di infezione che varia in base al Paese ospitante, andando dal 32% al 64%.
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via | Ansa
Foto da iStock