Benessereblog Salute Ibuprofene e Coronavirus, intervista al medico infettivologo Giuseppe Moschella

Ibuprofene e Coronavirus, intervista al medico infettivologo Giuseppe Moschella

Ibuprofene e Coronavirus, facciamo un po' di chiarezza: intervista al medico infettivologo Giuseppe Moschella.

Ibuprofene e Coronavirus, intervista al medico infettivologo Giuseppe Moschella

Ibuprofene e Coronavirus, facciamo un po’ di chiarezza: intervista al medico infettivologo Giuseppe Moschella.

Un tweet del ministro della salute francese ha creato il caos sui social e su Whatsapp. Ibuprofene e Coronavirus, cosa c’è da sapere veramente? Sui social circolano informazioni spesso frammentarie, provvisorie, errate. E non aiutano gli audio che arrivano sui servizi di messaggistica.

Tutto è nato quando ministro francese della Salute, Olivier Véran su Twitter ha pubblicato un post in cui diceva che i farmaci anti infiammatori, come quelli a base di ibuprofene, “potrebbe essere un fattore aggravante dell’infezione da nuovo coronavirus. In caso di febbre, prendete del paracetamolo. Se siete già sotto antinfiammatori, o in caso di dubbio, chiedete consiglio al vostro medico“.

Fermo restando che oggi più che mai non dovremmo assumere farmaci senza prima contattare telefonicamente il nostro medico, perché quella che potrebbe sembrarci una banale febbre o una tosse da non considerare potrebbe essere altro. Cosa fare se già si assumono questi farmaci? E sono proprio “vietati”? In seguito al diffondersi di questo tweet e di altri contenuti, l’Agenzia europea per i medicinali (Ema) è dovuta intervenire.

Attualmente non vi sono prove scientifiche che stabiliscano una correlazione tra l’ibuprofene e il peggioramento del decorso della malattia da COVID-19. L’Ema sta monitorando attentamente la situazione e valuterà tutte le nuove informazioni che saranno disponibili su questo problema nel contesto della pandemia.

Dopo questa precisazione, cosa dobbiamo effettivamente sapere? Abbiamo cercato di fare chiarezza con il dottor Giuseppe Moschella, medico infettivologo di MioDottore, che gentilmente ha risposto alle nostre domande e alle domande più frequenti che leggiamo in giro sulla questione. La piattaforma ha introdotto una nuova funzionalità di video consulenza online che consente di fissare video-visite a distanza: cliccando sul pulsante online e scegliendo la specializzazione che si cerca, si potrà affinare la ricerca per trovare il professionista più adatto alle proprie esigenze.

È vero che l’ibuprofene potrebbe aggravare l’infezione come sostenuto dal ministro francese per la salute?

L’ibuprofene è un FANS, ovvero un farmaco antinfiammatorio non steroideo ed è dotato di proprietà analgesica, antinfiammatoria e antipiretica. Viene usato nella terapia delle malattie reumatiche, ma spesso è anche prescritto come antipiretico perché è in grado di abbassare la febbre, agendo in modo simile al paracetamolo (Tachipirina).
Nel caso specifico dell’infezione virale da COVID19 l’ibuprofene è controindicato, perché questo farmaco agisce interferendo nei meccanismi biologici del cosiddetto “processo dell’infiammazione”.
L’infiammazione, infatti, è la modalità con cui l’organismo cerca di rispondere all’infezione, attivando in particolare i linfociti B, attraverso una serie di fattori enzimatici che agiscono in modo da stimolare la produzione di anticorpi specifici contro l’agente infettante. L’azione dell’ibuprofene è quella di inibire la produzione di prostaglandine e l’attivazione dei linfociti B, inoltre, questo farmaco va ad interferire con il meccanismo di azione di numerosi altri farmaci.
Nel caso del COVID19, la febbre costituisce una forma di difesa dell’organismo al virus. Questo sintomo va quindi trattato con un farmaco sintomatico, come il paracetamolo (Tachipirina) e non con l’ibuprofene perché in questo caso verrebbe ritardata o bloccata la produzione di anticorpi antivirali specifici. Pertanto l’uso dell’ibuprofene come antipiretico in questo caso è controindicato.

Cosa consiglia l’Oms? E il Ministero della Salute italiano?

Sia l’OMS che il Ministero della Salute italiano consigliano l’uso di farmaci sintomatici come il paracetamolo, per abbassare la febbre, ma solo se questa raggiunge valori molto elevati. Inoltre, non si devono assumere farmaci senza il diretto controllo del medico e, nel caso in cui si presentino i sintomi, il paziente viene prontamente inserito nel seguente protocollo di osservazione clinica. Solo in caso di sintomi gravi il paziente viene ricoverato e viene applicato il protocollo terapeutico di seguito riportato.

Schema terapeutico paziente sintomatico da COVID-19
Fonte Divisione infettivi dell’Amedeo di Savoia di Torino

Il Ministero della Salute francese invitava i francesi a consultare sempre prima il medico curante: non dovrebbe essere sempre questo il messaggio da passare? Prima di prendere qualunque farmaco, soprattutto in un momento come questo, non sarebbe meglio consultare il medico e fornire tutti i sintomi?

Si deve sempre consultare il proprio medico curante prima di prendere qualunque farmaco, non solo in un momento come quello che stiamo vivendo. Sarà poi il medico a valutare l’entità dei sintomi e ad attivare i passaggi successivi alla quarantena, nel caso in cui ritenga necessario richiedere l’esecuzione del tampone faringeo per la diagnosi di conferma ed eventualmente il ricovero del malato.

Quanto può essere pericolosa l’autodiagnosi e l’automedicazione oggi (assumere cioè farmaci senza chiedere prima consigli a medici o anche farmacisti)?

Come spiegato a proposito dell’ibuprofene, l’assunzione di farmaci “fai da te” è assolutamente controindicato. Anche l’autodiagnosi è spesso molto soggettiva ed influenzata da fattori emotivi. È il medico a doversi occupare della diagnosi, sulla base di una attenta analisi dei sintomi non solo soggettivi, ma obiettivi osservati. Questi sintomi, anche se esposti per via telefonica, aiutano il professionista sanitario nella diagnosi e nel fornire gli indirizzi terapeutici del caso.

Foto iStock

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